sabato 5 aprile 2014

John Henderson - A Reserve


John Henderson
A Reserve

11 aprile – 17 maggio 2014

T293, Via G. M. Crescimbeni 11, Roma




Sull'altra faccia dell'espressione “qualcosa di riservato”, o forse lungo il suo confine, c'è l'espressione “senza restrizione”.

 Grazie alla loro oculatezza e rigore analitico, i dipinti ad olio di John Henderson si distinguono enfaticamente in quanto “pittura senza riserve”, soprattutto in relazione all’immagine digitale. Non vi è nessun impeto, nessuno sfogo espressivo dettato da una tracotanza maschile, nessuna narrazione lineare ma, piuttosto, una considerazione esaustiva del collegamento tra le superfici, tra le interfacce sovrapposte - mediazioni funzionanti, non funzionanti o de-funzionanti di una pittorialità quantica. C’è un’acuta consapevolezza dell'ossessiva dipendenza della cultura contemporanea da tutti i tipi di schermi di computer, smartphone, iPad, bancomat, pannelli informativi in aeroporto, e così via.

La complessità dei dipinti ad olio di Henderson sta nella loro iper-riflessività, nella loro compulsiva autoconsapevolezza e nella loro de-antropomorfizzante omogeneità: le immagini clonano meticolosamente se stesse, il loro rispettivo rigore pittorico e sforzo artistico.

Henderson cancella, ripropone e sovrappone sia la superficie che la temporalità della pittura. “A reserve”, quindi, incarna più il parallelismo intrinseco all’ontologia digitale che la serialità della sua epistemologica riproduttività.

A fronte di un effetto immediato, più o meno concreto, è possibile ritrovare nello spazio vuoto del titolo tra “Una” e “Riserva”, una tenue compressione e espansione del tempo che indica un mettersi in primo piano e presentarsi delle opere come oggettività. Un qualcosa di riservato che proietta e trasforma se stesso lungo i bordi infinitamente ripetuti e clonati.

Cos’è un’immagine clonata, un’immagine pittorica clonata, se non una qualche negazione? Se lo spazio bianco del titolo, con i suoi bordi, si riferisce al suo stesso mezzo, ovvero ad una digitalizzata, appiattita, sfuggente, accumulata clonazione, e ad una pittoricità contemporanea guidata e costituita da schermi e dalla loro interconnettività, un nesso ironico di riservatezza emerge nello strato di blu di Prussia applicato come una sorta di vernice di fondo. Un pigmento ad alto cromatismo come il blu di Prussia ostacola l’accuratezza e l’affidabilità se riprodotto su schermi di computer. Una pittura riservata senza riserve.

- Peter J. Amdam

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