L’arte della gioia
di Goliarda Sapienza
Giulio Einaudi editore
“L’amore non è un miracolo”, bensì “un’arte, un mestiere, un esercizio della mente e dei sensi come un altro”: le difficoltà e le gioie dell’atto dell’amare racchiuse in un libro unico.
“Il tempo lavorerà a favore dei libri di Goliarda Sapienza. E questo non è un augurio: è una convinzione”: così Cesare Garboli interpreta la parabola artistica di una scrittrice come Goliarda Sapienza, scoperta prima all’estero che in Italia, proprio grazie a “L’arte della gioia”.
Attrice, autrice, donna dal vissuto intenso e drammatico, nata in Sicilia come la sua protagonista, Goliarda Sapienza si impone nel panorama italiano proprio con quest’opera, tenuta nel cassetto per vent’anni. A Roma studiò all’Accademia di Arte Drammatica, aprendosi una strada nel mondo del cinema e del teatro: recitò in “Senso” di Visconti e fu compagna di Citto Maselli per parecchi anni. Divenne famosa per un triste fatto di cronaca (rubò dei gioielli ad un’amica), che la portò a scontare una pena nel carcere di Rebibbia. Destino volle poi che il suo capolavoro, “L’arte della gioia”, venne pubblicato nel 1998, quando la sua autrice era già morta da due anni.
L’opera si impone nel panorama letterario internazionale, dopo due precedenti tentativi narrativi che non le valgono sufficiente attenzione (“Lettera aperta”, 1967; “Il filo di mezzogiorno”, 1969). L’exploit di questo libro è improvviso quanto potente, grazie all’intensità narrativa di Goliarda Sapienza che attraversa con la sua storia il Novecento italiano, costruendo una figura femminile capace di trasformare la fragilità in tensione rivoluzionaria.
La trama: Modesta è una ragazza siciliana forte, volitiva, affascinante, con un vissuto impervio. Dopo aver perso la madre e la sorella, trova conforto presso un convento, dove riceve le cure in particolare di madre Leonora, che la protegge e la cresce, pur non intaccandone la carica vitale, considerata amorale dalle suore. Alla morte della madre superiora, proprio per sua volontà, Modesta viene affidata alle cure della principessa Gaia, la quale diventa subito un altro punto di riferimento importante per la ragazza che, abituandosi piano piano agli agi della nobiltà, scopre in sé doti nascoste: intelligente, avida di conoscenza, con velleità autoritarie, Modesta assurge al rango di ‘donna alfa’, facendosi strada nel mondo dell’aristocrazia. Le sue giornate nella residenza del Carmelo, circondata di nuovi e vecchi affetti, tra ideologia politica e passioni travolgenti, saranno una costante della sua esistenza; tutto intorno a lei cambierà, senza mai modificarsi davvero.
Il romanzo ha una forte implicazione autobiografica, oscilla tra finzione e racconto oggettivo di fatti reali pertinenti all’esistenza e alla famiglia di Goliarda Sapienza. Modesta nasce dalla fantasia dalla scrittrice, ma allo stesso tempo affonda le radici in alcune donne a lei note. Il personaggio costruito è potente, anche scioccante, perché dotato di una carica rivoluzionaria che trascende gli spunti politici contenuti nel testo. La protagonista ha un proprio credo politico, che non è però centrale nella formazione della sua persona, ma è naturale conseguenza della vitalità anarchica che la contraddistingue da sempre. La politica, la cultura, l’arte sono dunque strati che si sovrappongono alla natura, alla carne, fondamentali nel delineare l’essenza del personaggio. Le pulsioni sessuali, a tratti incestuose, accompagnano l’esistenza di Modesta fino alla fine, costituendo un pezzo importante di quella ‘gioia’ che la donna sfodera come arma di fronte agli episodi dolorosi della storia e delle sue vicende personali.
“L’arte della gioia” è un libro molto intenso, che sa anche infastidire o risultare pesante, ma che comunque colpisce al cuore il lettore per la sua naturalezza. La scrittura di Goliarda Sapienza ripropone a livello stilistico la forza rivoluzionaria della storia raccontata, oscillando tra terza e prima persona, tra presente e passato, tutti riassorbiti nella persona di Modesta. Questi spostamenti di fronte a volte tendono a rendere difficoltosa la lettura, ma possono essere giustificati nell’ottica di una dissezione accurata dell’anima della protagonista, in bilico tra le gioie/sofferenze presenti e quelle passate, tra le proprie pulsioni egoistiche e l’amore verso i suoi cari.
I paragoni fatti con grandi capolavori della letteratura come “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa o “La storia” di Elsa Morante risultano forse un po’ esagerati, eppure è certo che “L’arte della gioia” saprà farsi amare dalle generazioni future, in virtù di una scrittura aperta, vera, non falsificata da inutili artifici.
Irene Armaro

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