Papaveri Rossi
Di Anna di Matteo
Dal 26-19 al 9-11-2013
A cura di Laura Celi Art presso Rebacco (Wine + art showroom)
L' artista Anna di Matteo presenta i suoi nuovi lavori, esprimendo la sua particolare sensibilità che l'ha spinta in questi anni a esprimersi sperimentando e utilizzando varie forme artistiche che vanno dalla poesia alla fotografia. Partendo dalla pittura a olio ha realizzato opere con colori acrilici, pastelli, giungendo più recentemente al collage, all'utilizzo di fili di lana e al cucito su tela.
Papaveri Rossi, mostra a cura di Laura Celi Art presso Rebacco (Wine + art showroom),esprime il nuovo progetto della giovane artista.
Sulle pareti appaiono dipinti a olio dai tenui colori verde-acqua, violetto e ocra, esperimenti fotografici con scatti effettuati tramite webcam o i cui soggetti ritratti non sono del tutto visibili. Collegamenti semantici di parole che scorrono come un flusso di coscienza, fili ingarbugliati o cuciti sull'opera, ritagli di quotidiani e riviste, incollati su tela. Una ricerca di espressione poliedrica e profonda che non si risolve solo come semplice introspezione perché l'artista lancia messaggi anche verso l'esterno sviluppando un coerente sistema comunicativo che cerca di scardinare i linguaggi convenzionali e che vuole trovare un punto di contatto con lo spettatore.
Papaveri Rossi è un riferimento a La Guerra di Piero di Fabrizio De André?
Esatto, la canzone è quella. Anche se in realtà non c'è una connessione precisa tra il titolo della mostra e le opere esposte. Il riferimento a De André c'era anche nella prima mostra del 2012. Ho visto Nina volare perché Nina è il mio pseudonimo, mi hanno iniziata a chiamare così dal liceo e perché è una canzone che mi piace tantissimo. Ho scelto quel titolo anche perché la mia prima mostra personale è stato un po' come spiccare il volo, i miei lavori erano sempre dentro casa e non li vedeva mai nessuno, in quell'occasione sono usciti fuori.
Papaveri Rossi perché i papaveri li mangiavo da piccola, (risata) veramente... non è uno scherzo. Mia mamma e le maestre mi sgridavano perché volevo mangiarli ma a me piacevano. I bambini vorrebbero sempre mangiare tutto. E comunque a parte la valenza che il papavero ha avuto per me da piccola questo fiore per la sua simbologia richiama alcuni temi toccati dalla mostra. In La guerra di Piero di De André il Papavero in qualche modo rimanda alla guerra, ai caduti, alla morte. In alcuni miei lavori c’è un pensiero per gli immigrati che stanno morendo per scappare dalle ingiustizie e dagli orrori. C’è un pensiero per loro… ma anche un simbolo di speranza e di amore. Poi mi piaceva l’idea di restare coerente con il titolo precedente rendendo di nuovo omaggio a De André. E' un'artista che ha scritto poesie raffinate che contengono molta verità in un linguaggio sofisticato e sempre molto poetico, esprime ciò che è del popolo, non solo ciò che è bello ma anche tanti aspetti scomodi che ha raccontato con le sue canzoni. Anche lì come nelle mie opere l'arte è una forma di resistenza in forma di gioco perché l'arte è un gioco ma nei giochi ci sono tanti codici e tanti simboli.
Come hai cominciato ad avvicinarti alla pittura e all'arte?
Bhè, credo che sia una cosa innata, fin da piccola ero affascinata dai linguaggi delle varie forme espressive. Ho cercato sempre una mia dimensione sperimentando nell'infanzia e nell'adolescenza l'espressione del corpo con la danza e praticando per molto tempo la poesia. Ma non mi bastava mai... i primi dipinti li ho fatti negli ultimi anni del liceo. Nascevano come impulsi istintivi, mi lasciavo spesso guidare dalla musica e dipingevo con i colori a olio anche se non sapevo bene come si usassero perché non avevo tecnica, seguivo il mio istinto e ho scoperto che fare quelle cose mi faceva sentire viva. Dopo il liceo avrei voluto fare l'Accademia ma ho scelto di studiare Storia dell'Arte. Ho scoperto l'arte contemporanea, un mondo sconfinato.. dalle possibilità infinite, e lì è stato come liberarmi, scoprire la dimensione che cercavo. Non per forza dipingere a olio, non per forza saper fare quel ritratto o quel paesaggio, non volevo fare quello. Non riuscivo a trovare una forma espressiva a pieno, mi sentivo frustrata per questo. Lo studio dell'arte poi mi ha fatto scoprire la contaminazione dei linguaggi e lì ho iniziato a lasciarmi andare sperimentando, lasciandomi ispirare. Non ho mai fatto corsi di tecnica. Per me è stata sempre un'esigenza che a volte mi ha portata anche un po' a isolarmi, a non essere capita. L'arte in fondo è un'esigenza che ho sempre avuto.
Finora qual è il mezzo espressivo che preferisci?
Non lo so, (sorseggia la sua birra ridendo) i mezzi espressivi? Mi piace la contaminazione tra i linguaggi, cioè non è che ce n'è uno... Contaminazione continua di cose... I lavori con l'autoritratto (Senza Titolo, 2013, Roma) ti vorrei dire che lì c'è una grossa contaminazione di linguaggi: il linguaggio del corpo perché mi muovo davanti l'autoscatto e il linguaggio dell'arte tradizionale perché utilizzo la tela. Questi linguaggi sono sovrapposti, il valore della tela viene amplificato. Qui c'è l'influenza di Giulio Paolini. La caratteristica di Paolini che mi interessava è il fatto che lui ha usato comunque gli strumenti tipici del pittore ma in maniera funzionale per esprimere un pensiero più concettuale, lavorando molto sulle tele rigirate, mettendole storte o in posizioni spesso insolite. Inoltre c'è una riflessione sull'autoritratto. La mia immagine in questi ultimi lavori appare trasfigurata e manipolata, non si offre direttamente alla vista un po' come nelle fotografie di Francesca Woodman in cui l'autoritratto parla, non dico di un'assenza, ma di un io che non si offre direttamente, in questo modo può esprimere un sentimento meno individuale. Anche se in realtà poi… lì ci sono io. In altri lavori poi c'è il filo, quindi un elemento che ha molti significati impliciti, l'omaggio all'artista sarda Maria Lai scomparsa recentemente, il richiamo al cucire come elemento femminile e all'immagine della donna (Senza Titolo, 2013, Roma).
Come nasce una tua opera?
Dallo studio della storia dell'arte ho appreso i mezzi per esprimermi. La storia dell'arte è una fonte incommensurabile per me, a mio parere lo può essere molto di più che studiare all'Accademia perché è una fonte di conoscenza e rinnovamento continuo. Ho sperimentato sempre per gioco. Cerco di esprimere cose che prima erano personali e che ora sono soprattutto a tema sociale, un mezzo anche per contestare o meglio prendere una posizione, io la mia la prendo così. L'arte è un gioco ma anche una forma di resistenza. Credo molto nell'arte come un linguaggio alternativo ai linguaggi prestabiliti. Ci sono molti miei lavori che contestano il linguaggio dei media e dei quotidiani anche sul tema della donna per esempio e della mercificazione del suo corpo (Scelgo io come collage 2012, Roma). Attualmente la parte estetizzante è secondaria nelle mie opere perché questa è una società che a mio parere cerca troppo l'estetica, l'arte deve essere un linguaggio che non esprima per forza cose belle e positive. E' una forma di comunicazione che ha perso la sua funzione ornamentale di quadro da mettere in camera, per me parlare di questo è anche anacronistico ma c’è ancora questo problema, è una forma di espressione e non deve essere necessariamente bella, poi la bellezza si può trovare anche nel messaggio che vi è espresso. Negli ultimi lavori ho dovuto fare lo sforzo di eliminare la parte estetizzante che c'era prima come il colore e le figure. Dico sforzo perché in questo modo c'è il rischio di non essere capita e questo è un rischio forte. Per me è importante essere capita, trasmettere. Con i miei lavori vorrei però educare a non cercare sempre gli aspetti estetizzanti perché nel mondo intorno a noi non ci sono solo sentimenti belli, ma anche quelli che fanno paura. Vanno espressi anche quelli.
Tra i miei lavori alcuni sono nati di getto come Che Cos'è il razzismo? (2013, Roma), altri invece sono frutto di molto tempo di pensiero e lavoro come per esempio la serie di autoritratti Senza titolo con la fotografia in movimento. C'è tutto un processo che ho cercato di mostrare in basso dove ci sono tre foto una accanto all'altra.
Ah, sono quindi successioni?
Si perché la prima è il mio autoritratto con l'autoscatto stampato e incollato su carta con intervento pittorico, la seconda è la stessa cosa con un nuovo intervento pittorico e l'ultima ti fa vedere l'evoluzione dell'opera. Rende palese il processo che c’è dietro questo lavoro ma rimane comunque tutto un po’ ambiguo.
Che rapporto hai con le tue opere?
Dipende. A volte anche un po' conflittuale. Perché certi lavori rivelano spesso qualcosa di inaspettato...le mie paure, angosce, sensazioni nascoste che in genere non voglio tirare fuori nella vita quotidiana ma che emergono mentre lavoro. Mi è capitato di spaventarmi, di mettere da parte tutto e di non volerli esporre. Alcune delle mie ultime opere mi turbavano molto ma alla fine ci ho fatto pace. Anche questo è un insegnamento di Maria Lai perché diceva che anche dal buio nasce l'arte: dalla paura del buio poi l'uomo rinasce.
Lo vedo sicuramente un po' chiuso, sia perché a volte c'è una scarsa ricezione da parte del pubblico sia perché i giovani artisti fanno fatica a emergere. Penso ci sia un problema ma comunque nel mio caso ci tengo a sottolineare che a me non interessa. Almeno per adesso non ho l'ambizione di emergere perché per me è un gioco, ma penso che chi invece voglia fare l'artista per professione fa sicuramente molta fatica perché il mondo dell'arte sta diventando un sistema molto chiuso. C'è anche il rischio che un'artista promettente, una volta integrato nel mercato, perda la propria spontaneità per sottostare alle sue richieste. Io mi metto semplicemente in gioco perché per me l'arte è una forma di espressione libera. Non vivo con l'ambizione di diventare un'artista affermata ma se ciò dovesse capitare ben venga. (ride...) Quello che voglio è esprimermi. Quello che faccio è serio ma non c'è l'ambizione di arrivare chissà dove. Prendo le cose così come vengono.
Vuoi commentare una delle tue ultime opere?
Vorrei parlare della serie dal titolo Il filo rosso (2013, Roma). Il filo rosso è il simbolo del filo invisibile che secondo me lega tutte le persone libere e con uno spirito creativo o che semplicemente hanno la mente aperta a ricevere messaggi di vario tipo. Il rosso è un colore simbolico che rappresenta tante cose: la passione, la forza, l'amore. Anche l'arte è amore. Le persone legate da questo filo rosso sono persone in qualche modo speciali... alcune non lo sanno, tutto qui. I disegni della serie rappresentano momenti, pensieri profondi profusi di amore. Il filo lega e accomuna questi momenti, l'ho utilizzato cucendo nei disegni e a dire il vero (e ci tiene a sottolinearlo) ha partecipato anche mia mamma, è lei che ha cucito alcuni lavori. Ci sono vari elementi simbolici cuciti in rosso:il cuore tra due amanti, l'anello che rappresenta l'unione, il legame che collega gli occhi di due persone ed infine una poesia che spiega i miei sentimenti racchiusi in queste immagini. Ad ogni modo anche in questa opera c'è sempre un pensiero, un omaggio rivolto a Maria Lai.
Dalla serie Il filo rosso, 2013:
E se l'arte fosse
un gioco,
e se l'arte fosse una forma
di resistenza
un messaggio divino
una scelta di libertà
il desiderio di incontaminazione
l'attimo eterno
e tutto intorno
una festa per gli occhi
come una notte d'estate
o un giorno
di inverno come la
verità dei tuoi
occhi.
L'arte parla al cuore, ma
anche
alla mente. Aspetta
le menti aperte degli
spiriti liberi
quelli legati da un filo rosso.
tienimi per mano e lasciami sognare.
L'artista: Anna di Matteo (in arte Nina) è una giovane artista romana che dal 26 ottobre al 9 novembre 2013 espone i suoi lavori nella mostra Papaveri Rossi, a cura di Laura Celi Art presso Rebacco (Wine + art showroom) in via Pomezia 12 a Roma.
Classe 1988, nel 2012 Nina si laurea in Storia dell'Arte Contemporanea con una tesi sull'Arte Povera e attualmente sta per conseguire la Laurea specialistica in Arte Contemporanea.
Nel 2012 ha esposto le sue opere presso l'Università degli Studi Roma Tre ma la sua prima personale, dal titolo Ho visto Nina volare, si è tenuta il 5 aprile 2012 presso Rebacco (Wine + art showroom) in via Pomezia 12 a Roma, nello stesso anno ha partecipato all'esposizione d'arte XXDONNA, evento contro la violenza sulle donne con il patrocinio di Roma Capitale XI Municipio, XXDONNA LDD (Legittima Difesa Dossier), presso il Caffè Letterario, via Ostiense 95, Roma con il collage Scelgo Io Come (Roma 2012).
Sabrina Rossi







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