giovedì 27 febbraio 2014

Gianni Piacentino 1965-2000


Gianni Piacentino 1965-2000
a cura di Andrea Bellini

Dal 8.II. 2014 al 5.IV.2014 
Fondazione Giuliani
Roma



La Fondazione Giuliani ospita la prima retrospettiva capitolina dedicata all’artista torinese .
Un’occasione unica per scoprire l’opera di Gianni Piacentino, il più giovane tra i protagonisti del movimento dell’Arte Povera, che presenta al pubblico la sua interpretazione di un Minimalismo barocco “scaldato” dal colore.
La mostra, Gianni Piacentino 1965-2000, curata da Andrea Bellini, si presenta come continuum della grande esposizione realizzata presso il Centre d’Art Contemporain (CAC) di Ginevra nell’estate 2013.
In questa occasione viene esplorato quasi l’intero percorso dell’artista, dalle prime sculture “minimaliste” ad alcuni tra gli straordinari “veicoli” degli anni Settanta e Ottanta, comprese diversi lavori più recenti. Le opere in esposizione, dal 1965 al 2000, sono tutte appartenenti esclusivamente a collezionisti romani.

Le 23 opere presenti in mostra si dislocano tra le varie nicchie della galleria; l’allestimento asciutto si delinea lungo la pianta a L dello spazio espositivo, minimalista ed essenziale come i lavori che ospita.

La prima sala è interamente “invasa” dalle opere minimaliste degli esordi, dal Dark Red-Purple Small Pole III (1966) che ricorda per l’allestimento e l’essenzialità il celebre Quadrato Nero di Malevič, all’enorme triangolo viola Red-Purple Rectangle-Triangle (1966-1967). Alla maniera degli artisti degli anni ’50, che avevano creato un’arte pop e minimal in opposizione all’Espressionismo Astratto, Piacentino reagisce presentando la sua interpretazione di un Minimalismo barocco “scaldato” dal colore, proponendo sculture che si distinguono per la loro freddezza geometrica, più vicine all’esaltazione che alla contestazione dell’oggetto industriale. 
Le sculture di Piacentino infatti sfruttano forme geometriche della massima semplicità: un triangolo, un trapezio, un palo verticale singolo, un portale , tutte riportate in grandi dimensioni, che in un primo momento sembrano poter avere qualcosa a che fare con le “strutture primarie” di Robert Morris e Donald Judd. La somiglianza, tuttavia, è più apparente che reale, in virtù del modo in cui viene impiegato l’elemento del colore: l’artista presenta forme familiari non riconoscibili immediatamente come arte, da qui il grande equivoco per cui, a un primo impatto, i lavori di Piacentino vengono scambiati con le sculture di un minimalista, rimanendo rigidamente entro i limiti di uno studio sulla “percezione pura”. Forma e colore lavorano in congiunzione, equivalenti l’una all’altro, insieme al silenzio che circonda le sculture di Piacentino, elemento altrettanto importante. 

Seguono le tele del 1965, Responsive Eye e EX 3D: sono tele articolate, a volte sagomate, ma essenzialmente monocrome, in cui già emerge l’interesse per il colore non banale, ricercato, che caratterizzerà il suo percorso artistico per oltre 40 anni.

Proseguendo in ordine cronologico è la volta dei Vehicols, come Black Triangle Vehicle With Gray Fender (1969-1972) e Mono Nickel Vehicle III (Oval Plates) del 1971, oggetti con ruote e tubi metallici, dalle dimensioni dilatate e dalla funzionalità impossibile, che rimandano ai primi oggetti meccanici del Novecento. I monopattini e i bicicli, impeccabilmente rifiniti e dipinti con vernici metallizzate a colori cangianti e caramellosi, sono soprattutto marchiati dall’onnipresente logo GP, che rimanda anche con una certa ironia alle iniziali dell’artista. La svolta verso questo nuovo tipo di ricerche avviene grazie alla passione dell’artista torinese per le motociclette, che lo spinge ad aggiornarsi continuamente sui nuovi prodotti per le verniciature e sulle tecniche leggendo riviste per carrozzieri, ma soprattutto da quando, nel 1968 si dedica al restauro di una vecchia motocicletta, una Indian 600 del 1938.

Chiude il percorso espositivo la raccolta dei manifesti originali delle mostre dal 1967 ad oggi, preziosi ed unici, opere d’arte anch’essi, provenienti dall’archivio personale dell’artista.
La mostra è accompagnata da un catalogo prodotto in collaborazione con il Centre d’Art Contemporain di Ginevra. Si tratta della prima ampia monografia dedicata all’artista ed include alcuni saggi inediti di Laura Cherubini, Marc-Olivier Wahler, Christophe Khim, Dan Cameron, un’intervista di Hans Ulrich Obrist e una cronologia per immagini realizzata da Marianna Vecellio.

I veicoli di Piacentino non hanno nessuna utilità se non quella prettamente estetico-decorativa di un pezzo da collezione; in questi oggetti con ruote e tubi metallici, impeccabilmente rifiniti e filettati con vernici metallizzate a colori cangianti e lucidi, si riflette l’amore dell’artista-mobiliere, dell’artigiano che recupera il gusto estetico del design. Dalle forme estremamente eleganti e costruiti con cura maniacale, per la qualità dei materiali e delle finiture, questi veicoli sembrano monumenti immobili alla velocità, all’aerodinamicità, al mito e al fascino delle macchine con cui l’uomo, da sempre, ha tentato di andare al di là dei propri limiti. Arte e scienza si unisco, come in Leonardo da Vinci, nei prototipi di questo artista torinese.


L'artista: Gianni Piacentino è nato a Coazze (TO) nel 1945. Tra il 1965 e il 1966 studia filosofia all’Università di Torino e contemporaneamente lavora come guida alla Galleria d’Arte Moderna; l’anno successivo lavora come disk-jockey al Piper di Torino. Nel 1968-69 è consulente di pittura industriale presso una fabbrica di vernici; nello stesso periodo inizia a decorare motociclette speciali e da competizione. Dal 1971 al 1977 partecipa a competizioni motociclistiche come passeggero nella classe Sidecar 750 in Italia e, a partire dal 1974, in Europa. Piacentino esordisce nel mondo dell’arte giovanissimo, all’età di 20 anni: autodidatta, nel giugno 1966 comincia ad esporre alla collettiva Arte Abitabile, tenutasi a Torino, grazie alla quale acquisterà grande visibilità nel mercato dell’arte. La mostra è curata dal gallerista Gian Enzo Sperone, destinato in seguito ad avere un ruolo fondamentale nella nascita e nell’espansione dell’Arte Povera. Si lega, seppur perifericamente, al gruppo dell’Arte Povera, da cui si distacca nel 1969. Nel 1980-81 soggiorna e lavora a New York. Dal 1981 vive e lavora a Torino. Le opere di Piacentino sono state presentate in istituzioni pubbliche quali il Centre d’Art Contemporain di Ginevra, il MoMA PS1 a New York, il Museum am Ostwall a Dortmund, Gesellschaft für Aktuelle Kunst a Bremen, la National Galerie di Berlino, il Centro de Arte Reina Sofia, Madrid e il Palais des Beaux Arts, Bruxelles. Nel 1977 l’artista è stato invitato a Documenta 6, Kassel e nel 1993 alla XLV Biennale di Venezia. 
Eleonora Vinci 

Foto di Giorgio Benni
per maggiori informazioni:
Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea
Via Gustavo Bianchi, 1 Roma
Orari: da martedì a sabato, ore 15.00-19.30, e su appuntamento
Tel. +39 06.57301091
www.fondazionegiuliani.org - info@fondazionegiuliani.org















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