Settembre in danza – Roma 2013
“Romanza – Trittico dell’intimità”
Teatro Biblioteca Quarticciolo, Roma
12 settembre
“Romanza – Trittico dell’intimità” costituisce un affascinante assaggio della rassegna curata dalla coreografa Loredana Parrella “Settembre in danza” la storia di un amore in bilico costante tra l’abisso e la resurrezione.
Nell’ambito di “Settembre in danza 2013”, un progetto che nasce con l’intento di sensibilizzare artisticamente i luoghi periferici della città di Roma, si colloca lo spettacolo “Romanza – Trittico dell’intimità”, nato dal genio della coreografa Loredana Parrella, organizzatrice della rassegna. L’evento viene ospitato al Teatro Biblioteca Quarticciolo, come anticipazione della manifestazione vera e propria che avrà luogo al Teatro Due dal 13 al 22 settembre. Lo scopo di questo progetto articolato in più serate è quello di rendere la danza un bene artistico accessibile a molti e farne conoscere una tipologia non mainstream, che esplori la fusione con il teatro.
Sono i ballerini Camilla Zecca e Yoris Petrillo, della compagnia di Loredana Parrella Cie Twain physical dance theatre, a dar vita a uno spettacolo intenso come “Romanza – Trittico dell’intimità”, strutturato in tre momenti differenti, separati da buio e luce, da fasi di silenzio e di musica. La fisicità intensa e dinamica dei ballerini riempie di significato la coreografia, grazie a gesti, sguardi e una tensione degli arti che solo a volte si scioglie in fragile armonia. L’assenza di elementi esterni al corpo degli interpreti fa parte di una concezione “fisica”, per l’appunto, del teatro e della danza cui la Parrella aderisce. L’utilizzo di un certo tipo di movimento privo di abbellimenti contribuisce poi a creare una continuità tra i tre quadri proposti: i ballerini sul palco inscenano una passione travolgente, ma sofferta, un gioco tra amanti che si risolve in colpi inferti con durezza all’anima. La sensazione è quella di assistere a uno scontro doloroso e violento, ma anche passionale, in cui i protagonisti dipendono l’uno dall’altro logorandosi nel presente e nel ricordo.
“Angeli e insetti”, il primo quadro di “Romanza” ispirato al racconto di Antonia S. Byatt “Morpho Eugenia”, è forse quello più indecifrabile e più intenso, anche solo per la scelta di non adoperare un accompagnamento musicale nella prima parte, per cui il travaglio fisico e psicologico dei ballerini è palpabile e angosciante. I movimenti sono scattosi e convulsi, simili a quelli di insetti, i corpi dei ballerini progressivamente si denudano, dopo essersi cercati e respinti. La donna è la figura centrale di questo quadro, la sua nudità finale appare come una violenza ma in realtà rivela l’esistenza di un segreto che non può più nascondere. Se il personaggio femminile a cattura tutta l’attenzione, è anche e soprattutto grazie a Camilla Zecca, più espressiva ed efficace del compagno nel trasmettere una sensazione di disagio e una strenua volontà di accettazione. La nudità è anche sinonimo di un’intimità tra i due che non è in grado di dissolversi, nonostante le ferite provocate a vicenda.
Il secondo momento della spettacolo, “Riflesso”, ha già visto il consumarsi del loro amore. La scelta più intrigante in questa seconda parte è quella di vestire gli amanti come degli sposi decaduti, i cui corpi parlanti raccontano una storia diversa da quella che lo spettatore sembrerebbe intravedere tra le pieghe dei loro abiti. I due vorrebbero ricreare un legame che non esiste più se non nel ricordo, indossando dei vestiti eleganti e sformati, che non riescono a mascherare il disagio del loro amore. Mentre nel primo quadro la nudità è feroce ma veritiera, qui la mancanza di essa denota una certa falsità nell’atteggiamento dei protagonisti. In particolare quello di lui, che in memoria di un romanticismo appartenente ai tempi andati, cerca di ricreare un sentimento porgendole una rosa, respinta dalla donna. L’atto di porgere un fiore, così poetico in sé, si trasforma in una forma di sopruso esercitata dall’uomo.
“Romanza” si conclude con “Féroce présence”, un brano conclusivo malinconico in cui i ballerini riacquistano gli abiti della normalità ma risultano ormai lontani. La gestualità la fa da padroni in questo terzo quadro, dove l’atto di colpirsi il petto con forza basta a spiegare il fine di quest’ultimo passo a due: i protagonisti soffrono e danno sfogo al dolore, derivato dalla perdita di un amore, tramite il movimento. Lo sguardo di lei, l’ingenuità infantile nell’indossare un paio di scarpe, contribuiscono ad accrescere l’atmosfera malinconica e il presentimento di una solitudine incipiente, definibile come “la feroce presenza dell’Assenza”, usando le parole di Loredana Parrella.
Il dolore si incarna nel corpo dei ballerini che dimostrano una certa abilità nel destreggiarsi, anche nel finale, con prese in aria e gesti in sincronia, per quanto vada specificata la maggiore credibilità della protagonista femminile, calatasi perfettamente nel personaggio con il corpo e con la mente.
Irene Armaro

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