lunedì 1 luglio 2013

Scala c


Scala C 

Dal 22 giugno al 4 luglio 2013 
Su appuntamento 
via Bixio 41 
Roma 


L’arte contemporanea romana viene celebrata ed arricchita da giovani artisti che hanno unito le loro idee e spazi per creare un evento unico e sui generis; Gianluca Esposito, Francesco Impellizzeri, Sandra Hauser, Nicole Voltan, Alecci e Di Paola Artifici D'interni, hanno aperto al pubblico i loro studi d'artista capitolini. 

Gli studi e il cortile di uno storico condominio dell'Esquilino si sono trasformati in una meravigliosa galleria d'arte. In esposizione opere di diverso genere che sfiorano la sinestesia fra le arti: l'arte visiva, il design d'interni, la video installazione, la fotografia, la scultura e la pittura. A completare quest'intreccio di relazioni tra i generi, numerosi happening e performance musicali: dal canto lirico, alla poesia e all'elettronica sperimentale. 

Tipi diversi di arte accomunati dalla passione e voglia di fare la differenza. Gli artisti hanno aperto i propri studi, luoghi privati e generalmente inaccessibili, ad un pubblico eterogeneo, creando momenti di dialogo e confronto informale sulle pratiche artistiche contemporanee. Un’iniziativa che nasce per superare la naturale ritrosia di molti verso l’arte, facendo leva sulla curiosità. Aprire gli ateliers ha dato modo alle persone di porre piede in queste private realtà, fino ad ora assolutamente sconosciute. Un invito aperto a tutti per conoscersi, per conoscere quello spazio dell’arte, quello spazio dell’artista che costituisce il suo studio, la sua officina, il suo ordine e il suo disordine, il suo autoritratto. 
La casa d’artista o una parte di essa, come lo studio, tende sempre a tradursi in una sorta di ritratto di chi la “abita”, cioè costituisce sovente il migliore autoritratto dell'artista, forse il più interessante, il più rivelatore poiché più introspettivo, più privato ... forse il più indiscreto. 

Gli artisti si sono mostrati nel loro contesto creativo ed umano, creando un nuovo punto di vista per il visitatore, con il quale è nato un contatto diverso, immensamente più personale. 

Scala C vuole cambiare le vecchie abitudini e far accedere non solo amici, qualche critico, qualche artista, agli studi degli artisti. L’evento permette al visitatore occasionale di divenire protagonista. La curiosità diventa ricerca di approfondimento, avvicinamento all’arte attraverso l’uomo oltre che attraverso le opere. 

Ne parliamo durante un intervista in esclusiva per Cuspide Magazine con Sandra Hauser e Nicole Voltan. Due donne accomunate dall’amore per l’arte e la voglia di crearla e celebrarla in ogni sua forma. 

Come vi siete conosciute? 
HAUSER: la prima cosa che mi ricordo, mi ha detto: «Che bello che sei qua!» 
VOLTAN: contenta di aver una nuova compagna di mostra: una donna, una donna professionale e una donna professionale e pure simpatica! 

Mostra collettiva “Gino on my mind”, 15 settembre 2012, Mole Vanvitelliana, Ancona. 

Rapporto personale e professionale…. 
HAUSER: sorella squisita 
VOLTAN: sorella acquisita 

scala c “Benvenuti alle cascate del paradiso, all'avventura dei sogni, alle stanze della vita e arte coincidono in un'unica energia che si propaga a scale macroscopiche paesaggi in cui l'io si perde e ritrova se stesso ed è curioso e attento come un bambino di fronte alla scoperta” 



Scala C – Casa/studio Hauser & Voltan 

Un particolare viaggio dentro il mondo dell’arte, nel cuore segreto degli ateliers degli artisti. 

Il progetto traccia un’ampia panoramica sulle ricerche artistiche attuali: pittura, fotografia, video, installazioni, performance, interventi di arte pubblica e a ricerche in ambito musicale e sonoro. Il progetto si pone come interfaccia tra la produzione artistica del territorio, i suoi abitanti e gli operatori del settore, provenienti anche da contesti internazionali, generando connessioni con il network del contemporaneo. 

Come è nata l’idea di questo evento? 
Scala C nasce nella cucina della vecchia casa della Voltan nel marzo scorso, giusto prima del trasloco a via Bixio 41. Alle 5 di mattina, dopo una serata di scambio reciproco d'ispirazione e una brevissima discussione sull'arte contemporanea, abbiamo entrambe capito che Roma ha bisogno di aria fresca. Una volta parlato con gli altri artisti del condominio e con Francesco Impellizzeri, anche lui artista e nostro padrone ufficiale di casa, abbiamo dato il via ai preparativi per l'evento. 



Scala C – Studio dell'artista Francesco Impellizzeri 

Come è stato strutturato? 
Ogni artista ha lavorato al proprio spazio e scelto di propria iniziativa cosa esporre. E' stato un evento molto libero, senza curatori o galleristi. La struttura è venuta da se, senza fatiche e forzature. Abbiamo solamente lasciato andare gli eventi e dato lo spazio più consono ad ogni opera. Il nostro intento era quello di convogliare più arti insieme, aprire una comunicazione e condividere le nostre esperienze personali con le diverse realtà che ci circondano. 



Scala C – Casa di Alecci e di Paola Artefici d'Interni e Gianluca Esposito 

Quanto tempo avete investito in questo progetto? 
Nel nostro caso, l'idea è nata ancora prima di entrare effettivamente nello spazio, era un desiderio che entrambe avevamo da lungo tempo. Già dal primo momento siamo intervenute nella struttura stessa della casa, ristrutturandola e talvolta stravolgendola per poterla sentire più nostra. Giorno per giorno arte e vita si sono avvicinate sempre di più, fino a diventare un tutt'uno. Ora la nostra casa/studio è simile ad superficie speciale in cui le nostre opere d'arte sono diventate parte integrante della casa. Il vero e proprio allestimento della mostra è iniziato poche settimane prima dell'inaugurazione. 

Olga Gambari sulle pagine de La Repubblica ( 3.5.2000 ) in occasione della prima visita agli studi ricordava che “una volta era consuetudine frequentare gli atelier degli artisti. Erano luoghi dove si andava per vedere e per incontrare, scambiando opinioni e discutendo. 

E’ ancora così? 
Con questo primo passo speriamo di aver aperto non solo la porta di casa nostra, ma anche quella verso una nuova forma di comunicazione tra artista e osservatore, tra pubblico e intimo. 

Gli studi, dove gli artisti vivono ed operano, sono inviti a conoscere meglio gli stessi artisti, la loro personalità, non sempre rivelata nelle opere.
Gli studi degli artisti sono un problema storiografico che la storia dell’arte o la critica contemporanea spesso dimentica di rilevare e non coglie come utile e necessaria alla stessa biografia degli artisti. 

Che rapporto intercorre tra lo studio e la “vena artistica”? 
Qui si tratta di arte e vita! Mettere da una parte lo studio di un'artista è come non interessarsi alla sua biografia. E sappiamo che arte e vita coincidono. Di conseguenza vivere dove si lavora non può che influire ancora di più nell'opera stessa. 

“Lo spazio limitato di una stanza giova alla concentrazione spirituale dell’artista”, così si sono espressi molti artisti come Rubens, Rembrandt, Goya, Delacroix, Courbet, Renoir, De Chirico . 

Cosa ne pensate? 
La dimensione dello spazio in cui lavori, cambia il lavoro stesso. 

Si trae ispirazione anche dallo spazio circostante? 
Entrambe lavoriamo molto site-specific. Ogni spazio ha la sua anima e la sua storia. Magazzino delle carrozze nel 1900, Emporio di mobili nel dopoguerra, due decenni di studio d'artista: questo sicuramente ha una forte influenza. Abbiamo stretto un rapporto molto intimo con questo spazio, lavorando alla casa stessa come se fosse una nuova opera d'arte sempre in divenire. 

Quanto lo studio ci racconta del lavoro di un artista, e viceversa come l'artista si racconta all'interno del suo studio. 

Scala C propone un dualismo tra in e out, ovvero come il micro mondo dello studio d’artista viene interpretato e vissuto dal pubblico. Sensazioni, riflessioni? 
Abbiamo semplicemente ricreato un mondo in cui chiunque entra, è libero di perdersi e ritrovarsi in un labirinto emozionale di chiaro-scuri, luci e suoni, emozioni e immagini. Ed è bellissimo osservare come ognuno affronta il proprio percorso all'interno dell'arte. 

Un luogo dove viene quotidianamente praticato un mestiere e spesa una vita per l’arte.
Lo studio dell’artista, spesso vera e propria “casa d’artista”, diviene il suo spazio, il suo luogo, ove meglio che altrove, l’artista si propone più autenticamente, ovvero espressamente come osservatore di se stesso, del suo operato, del suo incessante operare. 

Scala C racchiude tra le sue stanze più esperienze e tipi di arte. Come interagiscono tra loro? 
Convivono insieme come abitanti in un condominio. 




Scala C – Performance di Francesco Impellizzeri eseguita da Michele Abramo 

La casa d’artista o una parte di essa, come lo studio, tende sempre a tradursi in una sorta di ritratto di chi la “abita”, cioè costituisce sovente il migliore autoritratto dell'artista, forse il più interessante, il più rivelatore poiché più introspettivo, più privato. 

Qual è la tua- vostra personale visione dello spazio artistico in cui idei e crei le tue opere? 
HAUSER: Devo essere circondata dai miei oggetti, dai miei pensieri e memorie. Le posizioni si cambiano ogni tanto. Mi sono costruita una stanza con buio totale, che mi serve per giocare, studiare la luce e costruire installazioni/stanze. Ne ho bisogno per trovare il giusto mood per ogni opera. Ho la fortuna di avere un muro grande e bianco, dove posso scrivere, dipingere e lasciarmi andare senza pensare troppo e alla fine guardare l'opera finita con un spazio ampio intorno. La stanza privata è una caverna con un pavimento nero e punti di luce per sfuggire dal mondo e digerire le esperienze vissute. In realtà io e lo spazio ci adattiamo ognuno a modo suo. 

VOLTAN: Nel quotidiano, lo spazio della casa, nonostante sia un ambiente unico, è suddiviso in modo da lasciare libertà e intimità ad entrambe. Il mio atelier durante la creazione dell'opera dev'essere versatile, comodo e il più funzionale possibile. Ho scelto di esporre all'interno di una vetrina, non le mie opere, come sarebbe usuale fare, bensì i materiali che utilizzo quotidianamente, in modo da avere tutto a disposizione il più velocemente possibile. Nel corso di questa mostra la vetrina è l'unica traccia del mio intimo che ho scelto di lasciare in esposizione. 

Condivisione, voglia di creare e dar voce e visibilità all’arte contemporanea, sembrano essere gli ingredienti vincenti di questo progetto. 

Attualmente stiamo attraversando un momento difficile, economico ed intellettuale, l’arte e la cultura possono superare i limiti imposti dalla crisi? Se si come? 
Entrambe crediamo di essere fortunate ad essere nate in un momento di crisi economica. Non per essere ingenue ottimiste, ma tutte le più grandi correnti artistiche sono nate durante gravi crisi economiche e sinceramente speriamo che almeno in questo il nostro periodo storico serva. 

HAUSER: L'arte e la cultura devono superare sempre – in una crisi o in un periodo più sano – i limiti. Magari in un momento in cui sembra tutto fermo, è più facile far vedere un movimento e più difficile sopravvivere. Però credo che ogni artista forte debba avere la forza e la sensibilità di sentire intuitivamente lo spirito del proprio tempo (Zeitgeist) e creare opere che riflettono e rispecchiano la società in cui vive. Dato che lavoro in un modo molto emozionale, viscerale e personale, per me la cultura del cuore – che l'arte vera fa crescere – è la cosa che può cambiare un essere umano. Se cresce ognuno dentro se stesso, cambia tutta la società. 

VOLTAN: La crisi da un lato sveglia le coscienze: aiuta a imparare, ad arrangiarsi e a inventare soluzioni tecniche meno dispendiose, anche se sicuramente più complesse. E' forse proprio questa caratterista a dare più valore e originalità alla creazione. Sono figlia unica, cresciuta in una famiglia di operai in cui non è concesso il lusso del superfluo. Forse perché abituata sin da piccola, ho sempre imparato ad adattarmi a ciò che ho a portata di mano o a costruirmi da me il più possibile. Il mio mito ed eroe dell'infanzia è Mc Gyver. Con quest'approccio alla vita, oltre che divertirmi ad imparare da sola, per esempio, come rilegare un libro o costruire una cornice o installare un impianto elettrico, riesco anche a rendere la mia vita più funzionale, creando mobili o sistemando al meglio la cucina dove ora vivo. Se non ci fosse la crisi... 

Sandra Hauser, artista di origini tedesche, dopo gli studi presso Academy of Fine Arts di Roma e Monaco, decide di fermarsi e vivere nella città eterna. Il suo percorso lavorativo inizia dopo le scuole quando partecipa a uno stage come scenografa e costumista al Gran Teatro di Monaco diventando presto assistente e poi libera professionista. 


“Devi morire prima di morire” - Sandra Hauser 


Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera artistica? 
La voglia di andare oltre i confini e creare completamente libera. Adoro il teatro, però è pieno di gerarchie e limiti. Ho iniziato a studiare arte perché mi piaceva l'idea di avere la possibilità di essere quella che vuoi essere: ognuno – artista, regista, costumista, pazza, osservatore, donna, uomo, cavallo ecc... senza pensare se sei ancora nel giusto ruolo o no. Anzi. Mentre cucivo costumi, alla fine del mio percorso nel teatro, immaginavo sempre l'intera storia del personaggio. ”Perché ha i pantaloni con la gamba destra più corta, che è successo? Com'era l'infanzia? Ama i tessuti morbidi o rigidi? Ecc...” Ad un certo punto ho capito che sto creando una vita, un personaggio intero nella mia mente, invece del solo costume. Li ho capito che voglio essere libera. 

Nel tuo sito scrivi che ”la tua vocazione è ricostruire il dramma e le emozioni, per farlo non usi un medium specifico…”.
Vuoi spiegarci meglio? Fotografia, installazioni, come vengono differenziate e perché? Quale altre forme di arte utilizzi? 
E' una citazione del curatore Giovanni Cervi – devo dire che descrive perfettamente il mio modo di fare arte. Mi ha fatto molto felice il fatto che ha capito in un modo così preciso. Parto sempre dall'emozione, dalle cose che sto vivendo o che ho già vissuto, che vedo e osservo. Dalla mia biografia emozionale. Poi l'emozione viene mandata nella mia mente – primo filtro. Battaglia o gioco. Lotta o caos totale. Loop mentale. Però, dato che adoro il dramma da morire, è sempre molto piacevole. Poi l'emozione viene mandata nello stomaco – secondo filtro. Da lì, l'istinto inizia a cercare il mezzo più adatto all'emozione. Un' istinto ovviamente sempre seguito dalla mente, la quale, da lì in poi, non si spegne mai più. Diciamo che i materiali, come il video, la fotografia o qualsiasi altro mezzo, sono la porta per far entrare gli altri nel mio mondo emozionale. Per far loro credere quello che sentono. Sono cresciuta con una mamma che vive così in sintonia con la sua intuizione, che è capace di vedere il futuro, leggendo le carte. Una volta mi ha detto, con un piccolo sorriso: «Sai, uso le carte solo per la gente per cui leggo. Hanno bisogno di qualcosa di materiale a cui aggrapparsi. Altrimenti non riescono a credere a ciò che dico». 

Mi immagino, con piacere, che un giorno sarò capace di fare arte invisibile. 



“Kunstreiten” - Sandra Hauser 

La tua arte non ha un media specifico, ogni sfida la raccoglie riflettendo, interiorizzandone l'essenza, catalogando le emozioni e filtrando tutto con istinto viscerale. Osservando i tuoi lavori appare uno studio mirato ed approfondito teso verso gli estremi: bello e brutto, positivo e negativo, vita e morte. L’opera “Devi morire prima di morire”, ad esempio, è la video-installazione composta da una fotografia e da un video che rielaborano il celebre dipinto di Caravaggio Davide con la testa di Golia. Un titolo particolare che riflette una particolare visione del mondo classico e lo ripropone in chiave moderna…

Storia e aneddoti sull'opera…. 
Per una mostra nell'agosto 2012 al museo civico a Bassano del Grappa, il curatore, Giovanni Cervi, mi aveva chiesto di scegliere un maestro d’arte italiano di qualsiasi epoca storica e di interpretare un suo lavoro. Dato che la cosa che amo di più è la luce teatrale, il buio, le storie estreme e i drammi umani, ho scelto subito Caravaggio. “Davide con la testa di Golia”, perché è un autoritratto e uno dei suoi ultimi lavori prima di morire. 

Siccome mi trovavo nel periodo degli autoritratti e mi sentivo di dover fare un taglio netto con il passato, mi venuta l’idea di interpretare tutti e due i personaggi: Davide e Golia. Da lì, ho sviluppato e poi realizzato l’installazione ad agosto, a Roma, con 40 gradi. 

“Devi morire prima di morire” per me è un lavoro sulla mancanza d’autostima, sulla battaglia dei due ego che vivono dentro te stesso e sulla scelta più dura che una persona può fare. Ammazzare uno, per liberare l’altro. Decapitare se stesso. 

La guerra dei due Ego si mostra anche nel linguaggio artistico che ho scelto. L'installazione gioca con la messinscena... una fotografia con una cornice d'oro che sembra un quadro dipinto ad olio e un video che mostra apparentemente l'origine dello scatto. Una finta in una finta? Non solo, sopratutto una ricerca che ho fatto per andare oltre i confini e i tempi delle discipline artistiche. 

L’aneddoto divertente del lavoro è che la fotografia si rovina ogni volta che la espongo, in un modo non prevedibile. Nel museo di Bassano l'opera era allestita da una settimana. Tutto bene. Il giorno dell’inaugurazione ha diluviato (la terza volta in quella settimana) e la stampa con l’umidità si è danneggiata. Nuova stampa. Al Macro di Roma, il giorno dell’inaugurazione un graffio di 30 cm sopra la testa di Davide. Nuova stampa. A Bari, alla galleria BluOrg, mettendo il chiodo per appendere il quadro, il chiodo vola e finisce 4 metri più in là, addosso alla stampa… sapevo che il mio compagno Caravaggio non è facile, però non mi aspettavo che è anche geloso. Va beh, è amore. 

Il tuo lavoro da cosa nasce? 
La vita, l’amore e me stessa. 

Da dove prendi l’ispirazione? 
Memorie. Esperienze. Scene della società. Relazioni. Vivere, sentire, pensare e dimenticare. 

Louise Bourgeois. 

Qual è il filo conduttore? 
Io. Tu. E' uno specchio. 

Come lo organizzi? 
Vivendo, facendo, pensando, sbagliando, vergognando e superando. In questa direzione e ancora. 

Cosa vuol dire essere artista? 
Per me: Io sono io. 

Cercare, trovare - se stesso ed essere capace di far vedere la tua strada per arrivare - in qualsiasi modo. Imparare libertà totale, nella mente e nel cuore. Essere coraggioso, mostrare e toccare punti sensibili, forti e importanti per il proprio tempo e la sua società. Essere artista vuol dire, vivere la propria vita in un modo osservante e lasciarsi osservare, aperto per imparare, pronto per sbagliare. Ed essere coraggioso fino alla fine. Combattere. Divertire. Giocare. Terapia. Entrare in un modo diverso di pensare e di fare. Il tuo modo. Mai convenzionale. Essere sensibile e un caterpillar allo stesso momento. Per me il modo più bello per vivere. Lasciamo stare i soldi. 

La Germania e l’Italia sono molto differenti come realtà artistiche. 
Cosa ne pensi? Esistono pro o contro che legano queste due culture? 
Sono un po’ stanca di questa domanda, però ti rispondo a modo mio. Penso che la realtà artistica è sempre molto soggettiva, ovunque. Dal mio punto di vista è così: 

Germania Pro: Se un tedesco inizia ad andare in profondità lo fa fino alla fine // Se un tedesco apre il suo cuore è aperto per sempre // La lingua tedesca ti da la possibilità di descrivere le cose in un modo molto preciso e poetico allo stesso momento // Gli allestimenti tedeschi sono fatti “strà bene”. 

Germania Contro: Un tedesco ha paura della profondità, perché potrebbe essere che, se apre questa porta, escano tutte le cose che ha represso per tutta la sua vita. Montagna del rimosso // Un tedesco ha bisogno di anni prima di aprire il suo cuore // La lingua tedesca non ti fa cantare // Il perfezionismo tedesco durante un allestimento può rovinare tutto. 

Italia Pro: Adoro // La lingua ti fa cantare // “Hop hop hop quanto è misteriosa la leggerezza” // Un italiano ha aperto il suo cuore già prima di aver conosciuto // Gli allestimenti italiani sono divertenti. 

Italia Contro: La lingua italiana ti fa solo cantare // La leggerezza da fastidio, perché pesa troppo poco // Un italiano ha aperto il suo cuore per tutti // L’allestimento italiano è un incubo. 

La massa ovunque ha i suoi difetti... 

Come è nata- cosa ti ha portato a prendere la decisione di vivere nella penisola? 
Volevo cambiare aria solo per un mezzo anno. Il subconscio però, già sapeva che sarebbe stato un cambio per un periodo più lungo. Italia perché: Mia mamma è stilista di moda. Di conseguenza ha lavorato ogni mese per 25 anni in Italia e mi ha portata con se, quando poteva. Dato che lei era sempre felicissima in questo paese, tante delle mie più belle memorie le ho vissute qui. 

Quando ho scelto il luogo dove andare per allontanarmi da Monaco, per guardarmi da lontano, ho scelto l'Italia perché sapevo che mi sarei sentita sempre come la bambina felicissima a fianco della mia felicissima mamma. Per fare una cura del cuore. Per aprirmi di più e soprattutto per vivere me stessa. Ero sicura che questo mi avrebbe portato avanti nella mia strada con l’arte. Ha funzionato. Alti bassi ovunque, però il sole ti carezza. 

Le tue impressioni sul mondo artistico romano? 
Vedo la Dolce Vita stanca, in un luce morbida dorata, che è circondata di una malinconia bellissima che mi affascina. Che può avere soltanto una città eterna. Un mondo pieno di personaggi interessanti e colorati - Maestri d’arte. Vecchi che sono stati tanto tempo, forse troppo, Maestri e giovani che corrono per diventare un titolo già sparito. Altri che si muovono fra i grandi, per respirare un po’ dello scintillio della grandezza. Vedo un approccio di fare l’arte più vicino alla vita. Di celebrare l’arte. Più emozionale. E allo stesso momento osservo uno sfuggire dentro il discorso intellettuale o anche concettuale – spesso purtroppo vuoto. Per imporsi? Per darsi più valore? Forse per dipingere l’ansia di incontrare se stesso nel silenzio con uno specchio… 

Guardare gli oggetti vecchi ti manda nel Loop della malinconia. Per fare un passo avanti Roma ,e il suo mondo artistico, deve fare un balzo per uscire da questo Loop, ricordandosi della bellezza, guardando avanti e inventando nuovi modi. 

E in tutto questo, si trova in qualche crepatura del tempo, artisti che sono senza età, che fanno arte. Com’è in tutto il mondo e tempo. 

Considerazioni da giovane artista?(idee su movimenti artistici, gallerie ecc). 
L’arte è come un cavallo, che vive selvaggio nel paesaggio. Senza essere seguito. Libera. Cammina tranquilla. Un’anima vibrante che assorbe e vomita quello che succede intorno. Quando l’essere umano prova a calpestarlo, come risultato della sua incompetenza di affrontare la libertà assolutamente senza paura, il cavallo inizia a correre. A sfuggire. Nessuno lo può fermare, fa salti. Si offende. Manda via il nemico con la sua forza e si tranquillizza. 

Spero che sarò un giorno capace di cavalcare l’arte senza calpestarla. Senza ansia. 


“Totilas and Perigon” - Sandra Hauser 


L’odierno mondo dell’arte utilizza linguaggi che molte volte non sono comprensibili a tutti, creando un vuoto tra l’artista e la società. Cosa ne pensi? Hai mai avvertito questa sensazione?(se si, puoi riportare un esempio?) 
Il problema è bi-polare. Ci sono artisti che creano opere vuote. Sono opere che fanno finta di parlare un linguaggio sconosciuto, invece sono mute. Un esempio molto attuale è l’arte “s-concettuale”. L’altro problema è che la massa è pigra. Sempre stata. Non ha voglia di svegliarsi, perchè potrebbero uscire allo scoperto troppe cose che non dovrebbero essere pensate, perché cambierebbero la vita, così da renderla più difficile. Il modo di pensare convenzionale è molto più comodo. E sì, ho avvertito tutte e due le sensazioni. Però certo, provo di affrontare con consapevolezza che diventa a volte rabbia, nel caso del vuoto di un'opera e nella mancanza di significato, come imparare a capire sempre di più. Sono due problemi gravi, che si danno la mano l'uno all’altro. 

Che rapporto hai con il tuo pubblico? 
Lo amo. Il pubblico per me è come tanti specchi allestiti di fronte alle opere, specchi che riflettono diverse immagini, che arrivano da tante dimensioni diverse. La mia più bella esperienza con il pubblico: ho realizzato a Monaco di Baviera una performance, in cui una pianista ha composto per dieci giorni, per otto ore al giorno, dentro una stanza di 20 mq, una canzone infinita per “Le Cabinet des Arts”, il mio romanzo vivente. Una coppia di signori ha visto questa performance ed è tornata per tre giorni in seguito. Sono rimasti ogni volta all'incirca due ore nella stanza. Un anno dopo, durante un’altra mostra, ci siamo rincontrati. Mi hanno detto che per loro è stato una delle più belle memorie ed esperienze emozionanti che hanno fatto nella loro vita e con l’arte. Questo mi ha fatto piangere. 

Progetti presenti e futuri 
Due mostre collettive, una a novembre nel Centro Per L'Arte Contemporanea Open Space a Catanzaro, l'altra a dicembre al Museo Civico di Salerno. Ma il mio progetto più grande e importante è quello di godermi sempre di più il fare Arte. 

I hope I don't get lost… 

Nicole Voltan è nata a Mestre (Venezia) nel 1984. Dopo aver compiuto studi umanistici, si laurea con lode in Decorazione all'Accademia di Belle arti di Venezia. Attualmente vive a Roma. 

Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera artistica? 
Da bambina ho sempre amato disegnare e costruire cose. Ricordo di aver costruito a dieci anni, con le mie mani, l'armadio dei vestiti per le mie bambole o addirittura l'intera casa. Pensare che questa mia creatività e capacità manuale potesse diventare un vero lavoro, era un'idea che non avevo mai elaborato seriamente, almeno fino alla fine del liceo. La consapevolezza di me è arrivata abbastanza tardi, mi sono dovuta prima conoscere, poi mettere in discussione. L'accademia di Venezia in questo è stata un'ottima scuola. 

“Cube#1” - Nicole Voltan 

Cosa vuol dire essere artista? 
Credo che il lavoro d' artista sia il più difficile, lungo e complesso che esista. In realtà non è nemmeno un lavoro, è uno stile di vita. Il cervello lavora sempre, perfino i sogni possono essere fonte d'ispirazione. Le mani non stanno ferme un attimo. Il lavoro non è mai un vero lavoro perché non è mai pesante e noioso, ma il divertimento non è mai solo divertimento perché è anche lavoro... Alla fine anche un aperitivo con gli amici, si trasforma sempre in arte. Sinceramente è un lavoro che sconsiglio... non è facile. Se proprio non potete farne a meno, se è un bisogno innato che avete di raccontare e trasmettere emozioni e creare, allora siete i più fortunati del pianeta, perché avete una piccola chance di cambiare le cose. Io mi sento molto fortunata. 

Da cosa nasce la scelta di lasciare le lagune e trasferirti a Roma? 
Anche se “l'arte non si può studiare, si può solo fare” io ho studiato arte (e vita) a Venezia. Isola magica, misteriosa, Venezia è una culla in cui crescono idee ed emozioni, un microcosmo semi-staccato dal mondo, dove “ci si può sperimentare” e si sperimenta. Ma Venezia è anche una madre troppo affettuosa, da cui bisogna separarsi per non perdersi in un sogno romantico senza fine. Mi sono auto-catapultata nella capitale perché cercavo di più. Nuovi stimoli, nuovi paesaggi, nuove persone, nuove idee. Nuovi artisti. Questo mi ha permesso di aprire nuove porte anche verso l'arte. E ogni porta che si apriva era un passo in più che facevo anche nella conoscenza di me stessa. 

Il nostro Magazine ti aveva conosciuta in occasione della tua mostra: “88 Trame”, il tuo studio era imperniato sulla conoscenza delle costellazioni che riproduci attraverso l’utilizzo di ago e filo. 

Come è nata questa passione? 
Tutto ciò che viviamo, sopratutto quello che osserviamo da bambini, influenza la nostra vita da adulti. Almeno secondo me. Sono cresciuta osservando le stelle distesa sui prati, arrampicandomi sulle montagne più alte per arrivare più vicina al cielo. Sono cresciuta in una famiglia che ha la passione di catalogare, collezionare e analizzare gli oggetti e le forme naturali. Ho osservato, elaborato e tradotto il cielo, come farebbe un collezionista di stelle, curioso di catalogare tutto per sapere se manca qualche pezzo di valore. 

Come la hai sviluppata e dato vita alle tue opere? 
Ogni nuova opera che realizzo è un passo in un livello più profondo verso me stessa. Potrei dire che l'ultima opera realizzata è la somma delle precedenti, un po' come si potrebbe dire che l'Oggi è la somma di tutti gli Ieri che abbiamo vissuto. Se parliamo dei materiali che utilizzo, arrivare, per esempio, alla scelta dell'ago e filo è stato un percorso laborioso, che ha avuto origine probabilmente dalle esperienze di ricamo di quand'ero bambina e, in seguito, dalla creazione di abiti realizzati con materiali di riciclo di qualche anno fa. Ma è stata anche una necessità che alla fine si è quasi trasformata in feticcio. Ora si può dire che colleziono aghi. O stelle. Almeno la parte di me che lavora con l'astronomia... 

Nel tuo sito si evince che per la tua arte, prendi spunto da: 
cielo/terra/vita…elementi naturali… 

Come nasce la tua ricerca? 
Osservo la natura e cerco di capire Dio.. un Dio più Demiurgo che Cristiano. E mi chiedo. Come mai l'uomo ha ordinato le cose in un certo modo e non in un altro? E se ci fosse un altro ordine come sarebbe il nostro cielo? Sarebbe lo stesso o saremmo diversi anche noi? E se Dio quella volta avesse messo le stelle in un altro posto? E poi, mi chiedo sempre se è nato prima l'ordine o il disordine e come questo dualismo possa avere un'equilibrio, se ce l'ha. Perché un equilibrio c'è sempre. E gli opposti convivono sempre in pace e armonia. Almeno così dicono... Non lo so, io lo sto cercando. 


“Araneide & co” - Nicole Voltan 
Come la sviluppi? 
La ricerca e la progettazione dell'opera è la parte che preferisco. Raccolgo informazioni, elaboro e traduco in immagini che poi scremo e seleziono. Una volta che so cosa voglio dire, metto le informazioni in ordine e poi disordino tutto. 

A cosa è improntata? 
Probabilmente a capire ciò che mi circonda e a non prendere così sul serio la scienza e la razionalità umana. Alla fine quello che faccio è stare in bilico su un sottilissimo filo che collega religione, arte e scienza. Ciò che non mi fa cadere è il fatto che le grandi verità e le leggi da cui prendo spunto, sono distorte e disordinate. Da me stessa. Sarà perché le vedo io così? O sarà che è tutto abbastanza relativo? 

Chi è alla fine il vero Dio? L'artista è Dio? 
Se io mi creo un mondo, dove le leggi fisiche sono disordinate, dove tutto è collegato con connessioni tra eventi e cose in un intrico di fili fragili e semi-invisibili, allora non sono forse io stessa Dio di quel mondo? 

Non è tutto molto cinico? Io lo trovo molto divertente... 

Hai pubblicato da poco una tua riflessione: “La natura ha già tutte le risposte. All'uomo spetta porre le domande. Ordine o caos? Spazio o tempo? Realtà o finzione? Scienza o arte? Dove comincia uno e termina l'altro? Sono termini separati o sono in una sorta di equilibrio di opposizione? La natura sa, e si rivela, ma l'uomo ha un limite di comprensione: essere troppo umano. Ecco che alle domande senza risposta interviene l'arte”. 

Vuoi spiegarcela? 
Siamo troppo, troppo, troppo... umani per capire. 

Considerazioni 
Considero le mie opere come figli e allo stesso tempo come un prolungamento e uno specchio di me stessa, della mia epoca e dello spazio che mi circonda. 

Considero la natura come la più alta forma d'ispirazione e la scienza come un'interessante mezzo per approfondire e capire la natura. 

Considero me stessa come un essere naturale. 

Considero tutto ciò un'equazione perfetta: 

scienzarte = {(io + tu + natura) · ∞} · percezione11 



“Il piccolo chimico” - Nicole Voltan 

Cos’è per te l’arte? 
“Arte una visione soggettiva, introspettiva enigmatica di una società estremamente contemporanea dove uomo macchina e artificio convivono in equilibrio ai loro opposti, natura, visione e sincerità, perché solo nell’armonia dell’io e dell’altro, arte può nascere, crescere e svilupparsi nel presente e nel futuro. 

Arte non può essere passato perché l’artista vive solo nel presente. Arte però può rappresentare un passato, ma solo con gli occhi di chi vive nel futuro. Perché il futuro è Arte: prevedere in uno specchio a colori l’emozione, svelare in immagini apparentemente innocenti la physis che si nasconde dietro l’apparenza dei fenomeni. 

Arte è viaggio mentale, percorso attraverso la mescolanza non solo dei colori, ma anche delle idee e delle realtà. 

Arte si nasconde nei dettagli, nei particolari; arte è sfuggente, inafferrabile; arte protegge se stessa dalla presunzione, dall’ipocrisia, perché arte nonostante sia dappertutto, è visibile solo a chi vuol cercarla. 

Arte richiede vicinanza, vuole continuità ma non costanza, non si può abbandonare per poi ricordare. Arte si offende se la si prende troppo sul serio.” 

(Nicole Voltan, “Scritti vari” 2006/2013) . 

“Arte è bellezza di significati perché solo nel tentare di descriverla essa nasce, cresce e si sviluppa attraverso l’idea che abbiamo di essa”. 

L’artista? 
“Arte osserva se stessa e il suo creatore e ride, fiera di avergli strappato un pezzetto di se. 

Arte ride comunque se quel pezzetto l’artista se lo riprende. 

Arte è fiera di essere nata da un’artista, ma soprattutto di appartenere al popolo. 

Arte ne è fiera, ma rivendica la sua libertà e indipendenza, perché Arte non ha padroni se non se stessa e la sua cornice. 

Arte non sopporta però quella cornice che la tiene ferma al muro. 

Arte vuole muoversi nello spazio, ma per farlo ha bisogno dell’artista. 

L'artista è triste, perché vede Arte divincolarsi nel suo stesso colore e si riprende il pezzetto che le aveva donato in principio. 

Ma Arte ancora non ride. Che le manca? Non ha forse tutto? 

L’artista rassegnato se ne va a dormire. Arte piange e sveglia il povero Artista assonnato. «Che hai? Non so cosa fare per renderti felice!» 

Arte in realtà si prende gioco di Artista, che è ormai caduto nel suo tranello. 

Arte piange sempre più forte. 

Artista allora per non sentire, esce di casa e lascia Arte alle sue riflessioni esistenzialiste. 

Quando Artista ritorna, Arte non ha cambiato faccia. Esausto e nervoso Artista cancella Arte e ricomincia. Ma la nuova faccia ha lo stesso aspetto. 

Frustrato dall’inutile lavoro, Artista in un impeto di rabbia distrugge Arte. Brandelli giacciono sul pavimento e Artista incomincia a piangere distrutto dal rimorso. 

Arte però resiste a tutto: all’artista, al muro, alla cornice e al popolo. E consapevole di ciò finalmente ride.” 

(Nicole Voltan, “Scritti vari 2006/2013”) 

Le tue impressioni sul mondo artistico odierno?quello romano in particolare? 
Ho l'impressione che serva uno scossone all'arte o meglio, al modo in cui le persone si approcciano all'arte. Spesso mi sento presa quasi in giro alle mostre, nel sentire grandi discorsi “intellettuali”, ma nel vedere e sopratutto “sentire” molto poco. Gli artisti, oggi, corrono troppo velocemente, come corrono i tempi e il mercato. Ci sono matricole e meteore ogni giorno. Questo accade perché gli obbiettivi non sono più saldi e le cose vengono fatte con superficialità. E gli artisti corrono per finire prima il lavoro e nessuno perde più 12 anni per dipingere un soffitto..e qual'è il risultato? L'artista è meno stanco, ma fa stancare gli altri. 

Considerazioni da giovane artista? (idee su movimenti artistici, gallerie ecc). 
Devo dire che mi piace essere una “giovane artista” perché al di là dell'età o del percorso artistico intrinseco alla parola, è una definizione che lascia spazio alla sperimentazione. Spero di non diventare mai una “vecchia artista”, che vive ripetendosi, copiando se stessa e lavorando imprigionata nel concetto di riconoscibilità e serie. 

La sperimentazione invece concede libertà di mettersi in discussione ogni giorno, di cambiare punto di vista e tecnica, ma è sopratutto confrontandosi anche con altri artisti e lavorando sinergicamente insieme, che la conoscenza si espande, perché sperimentare significa, per me, anche imparare. 

L’odierno mondo dell’arte utilizza linguaggi che molte volte non sono comprensibili a tutti, creando un vuoto tra l’artista e la società. Cosa ne pensi? Hai mai avvertito questa sensazione? (se si, puoi riportare un esempio?) 
L'odierno mondo dell'arte utilizza secondo me, molto spesso, cose fatte e vive un po' di rendita dal passato. Il vuoto che si è creato tra artista e società è in realtà un ammasso pieno di pregiudizi tecnici e morali da un lato, e di un'ermetismo sintetico dall'altro. Nemmeno l'arte d'élite non è quasi più una vera e propria élite. Il cerchio si è chiuso a tal punto che nemmeno gli appartenenti al settore riescono più a ragionare con proprie idee, ma si muovono in massa come un pubblico assente. 

Penso che molti artisti oggi abbiano troppa paura di muoversi con le proprie gambe. Viaggiano con compromessi commerciali che talvolta deturpano il loro lavoro e lo fanno per non mettersi in discussione. Rischiare e osare quando nessuno lo fa, significa attirare forse un'attenzione che non si è in grado di gestire. 

Che rapporto hai con il tuo pubblico? 
Adoro confrontarmi con un pubblico eterogeneo. Per me arrivare al cuore delle persone è la cosa più importante. Risvegliare un qualcosa, anche solo cambiare la percezione di un pomeriggio, di una parete, di una casa, di un giardino. Incuriosire e stupire o creare un interesse che si protrae anche al termine di una semplice mostra. 

Durante un workshop di quattro ore che ho tenuto presso una scuola media vicino Tor Tre Teste, ho ricevuto i migliori complimenti. Un bambino di dodici anni mi ha chiesto, seriamente, se poteva fare arte con delle forchette. Ho risposto che poteva “fare arte” con qualsiasi cosa gli interessasse e che catturasse la sua intenzione. La madre di un altro ragazzo mi ha detto che, al termine del workshop, il figlio ha continuato a lavorare e a progettare (cosa che non aveva mai fatto) perché si era reso conto che l'arte non è una cosa noiosa come invece aveva capito, ma è divertente e si può, attraverso essa, trasformare anche la propria realtà. 

Questo è il rapporto che cerco con il pubblico. Creare uno scambio di energie, non fare un monologo con me stessa. Creare attraverso l'arte un po' di empatia. Coinvolgere quel pubblico che per anni è stato messo da parte. Lavorare a contatto con la realtà popolare senza cadere in un'arte scontata, ma mantenendo sempre una forte coerenza con me stessa. E perché no, ricordare. Ricordare che la natura si muove con certe leggi e ritmi, che ci rispecchiano. Ricordare che ci vuole pazienza e manualità per fare arte e che non è tutto solamente velocità di intenti. 

Progetti presenti e futuri 
In cantiere ho una mostra collettiva a settembre a Mestre curata da Cantiere Corpo Luogo e poi una personale a novembre a Palazzo Lucarini, ex museo di Flash Art a Trevi. In programma alcune mostre per il 2014. Inoltre io e Sandra abbiamo già una bozza per la seconda puntata di Scala C che, se i tempi ce lo concedono, è prevista a fine novembre. Vi faremo sapere! Stay tuned! 

Fabiana Traversi 
per maggiori informazioni: 



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