martedì 23 dicembre 2014

LA VITA CHE TI DIEDI


9/21 dicembre 
Teatro Stabile di Bolzano
PATRIZIA MILANI CARLO SIMONI 

LA VITA CHE TI DIEDI
di Luigi Pirandello 

e con Gianna Coletti Karoline Comarella 
Paolo Grossi Sandra Mangini Giovanna Rossi 
Irene Villa Riccardo Zini 
regia Marco Bernardi 
scene Gisbert Jaekel
costumi Roberto Banci 
suoni Franco Maurina 
luci Massimo Polo 


Il dolore di una madre che perde il figlio. Il destino peggiore che possa capitarle. Che lacera dentro e conduce al delirio. All’allucinazione che disorienta, annichilisce. Che svuota dei colori la realtà. Filtrando tutto solo con il bianco e il nero. La luce sul buio che acceca. Inclina la prospettiva reale delle cose. Della vita così come della morte. Che di essa in fondo, fa parte.

Tra i drammi pirandelliani più intensi e struggenti, La vita che ti diedi, va in scena al Teatro Quirino Vittorio Gassman dal 9 al 21 dicembre per la regia di Marco Bernardi.

Una storia universale quella che ha come protagonista Donna Anna Luna. Una madre che vive il dramma della morte del figlio Fulvio. Un destino atroce quello che sceglie di portarle via il figlio dopo sette lunghi anni di assenza. Una tragedia che si muove su un filo narrativo realistico ma che sin dai primi minuti, travolge lo spettatore, con la vemenza unica di uno dei personaggi femminili più intensi di tutto il repertorio di Luigi Pirandelllo.

Donna Anna Luna, interpretata da un’eccelsa Patrizia Milani, di fronte alla perdita del figlio, perde il senno e in una lucidità febbrile carica di pathos inizia a delirare. La verità a cui essa può credere per non precipitare nel baratro del lutto è solo una: negare la morte del figlio.
Negare l’esistenza di un feretro lì nella stanza accanto. Negare una realtà atroce, ma esistente che la sorella, i domestici, il prete e persino le prefiche vorrebbero ricordarle.
La sua è una strategia psicologica per non sopperire di fronte ad una tragedia. La sua, un’ allucinazione che travolge chiunque. Anche chi diniega la sperimentazione al limite della provocazione tipica della drammaturgia pirandelliana.
Perché di provocazione si tratta. Uno slancio emotivo che dimostra di saper ben manipolare il regista Marco Bernardi. La sua maestria fa infatti dell’alterazione psicologica, di quella caratterizzazione eccessiva di una madre sofferente, il vero protagonista.

Sulla scena una madre dilaniata dal lutto, ma capace di provare che la frantumazione del sé genera sempre umanità. Un’umanità seppur metafisica che dal suo iperuranio di verità e consapevolezze cerca di restare in equilibrio sul piano inclinato della scena.
Un palcoscenico in pendio dove immedesimarsi in quel ragionare disperato e ossessivo sulla vita e sulla morte diviene quasi necessità.
L’amore materno di Donna Anna Luna seppur deformato ed eccessivo si manifesta con la prepotenza di una verità assoluta quanto allucinata. Dando prova che ci sono punti di riferimento, certezze che nemmeno la morte, tant’è naturale nel pantha rei della vita, può far vacillare anche quando ci si regge a mala pena in equilibrio su di un pavimento inclinato e intorno mobilio, affetti e ricordi sembrano inesorabili scivolare via.

Una storia di vita al tramonto che però va intrecciarsi con l’alba di una nuova. La consolazione alla notizia che forse quel figlio defunto continua a vivere: la giovane amante dell’uomo, Lucia, aspetta un figlio da lui.

La vita e la morte ecco allora che si ricongiungono. Lì su al centro di quel palcoscenico che alla fine appare quasi dritto. Dove i due pesi, la vita da un lato e la morte dall’altro non fanno più vacillare il piano ma misteriosamente ne permettono la stabilità, quel caos calmo che l’umanità cerca per riposare dall’affanno.
Linda Tiralongo


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