9/21 dicembre
Teatro Stabile di Bolzano
PATRIZIA MILANI CARLO SIMONI
LA VITA CHE TI DIEDI
di Luigi Pirandello
e con Gianna Coletti Karoline Comarella
Paolo Grossi Sandra Mangini Giovanna Rossi
Irene Villa Riccardo Zini
regia Marco Bernardi
scene Gisbert Jaekel
costumi Roberto Banci
suoni Franco Maurina
luci Massimo Polo
Il dolore di una madre che perde il
figlio. Il destino peggiore che possa capitarle. Che lacera dentro e conduce al
delirio. All’allucinazione che disorienta, annichilisce. Che svuota dei colori
la realtà. Filtrando tutto solo con il bianco e il nero. La luce sul buio che
acceca. Inclina la prospettiva reale delle cose. Della vita così come della
morte. Che di essa in fondo, fa parte.
Tra i drammi pirandelliani più intensi
e struggenti, La vita che ti diedi,
va in scena al Teatro Quirino Vittorio Gassman
dal 9 al 21 dicembre per la regia di
Marco Bernardi.
Una storia universale quella che ha
come protagonista Donna Anna Luna. Una madre che vive il dramma della morte del
figlio Fulvio. Un destino atroce quello che sceglie di portarle via il figlio
dopo sette lunghi anni di assenza. Una tragedia che si muove su un filo
narrativo realistico ma che sin dai primi minuti, travolge lo spettatore, con
la vemenza unica di uno dei personaggi femminili più intensi di tutto il
repertorio di Luigi Pirandelllo.
Donna Anna Luna, interpretata da
un’eccelsa Patrizia Milani, di fronte alla perdita del figlio, perde il senno e
in una lucidità febbrile carica di pathos inizia a delirare. La verità a cui
essa può credere per non precipitare nel baratro del lutto è solo una: negare
la morte del figlio.
Negare l’esistenza di un feretro lì
nella stanza accanto. Negare una realtà atroce, ma esistente che la sorella, i
domestici, il prete e persino le prefiche vorrebbero ricordarle.
La sua è una strategia psicologica per
non sopperire di fronte ad una tragedia. La sua, un’ allucinazione che travolge
chiunque. Anche chi diniega la sperimentazione al limite della provocazione
tipica della drammaturgia pirandelliana.
Perché di provocazione si tratta. Uno
slancio emotivo che dimostra di saper ben manipolare il regista Marco Bernardi.
La sua maestria fa infatti dell’alterazione psicologica, di quella
caratterizzazione eccessiva di una madre sofferente, il vero protagonista.
Sulla scena una madre dilaniata dal
lutto, ma capace di provare che la frantumazione del sé genera sempre umanità.
Un’umanità seppur metafisica che dal suo iperuranio di verità e consapevolezze
cerca di restare in equilibrio sul piano inclinato della scena.
Un palcoscenico in pendio dove
immedesimarsi in quel ragionare disperato e ossessivo sulla vita e sulla morte
diviene quasi necessità.
L’amore materno di Donna Anna Luna
seppur deformato ed eccessivo si manifesta con la prepotenza di una verità
assoluta quanto allucinata. Dando prova che ci sono punti di riferimento,
certezze che nemmeno la morte, tant’è naturale nel pantha rei della vita, può
far vacillare anche quando ci si regge a mala pena in equilibrio su di un
pavimento inclinato e intorno mobilio, affetti e ricordi sembrano inesorabili
scivolare via.
Una storia di vita al tramonto che
però va intrecciarsi con l’alba di una nuova. La consolazione alla notizia che
forse quel figlio defunto continua a vivere: la giovane amante dell’uomo, Lucia,
aspetta un figlio da lui.
La vita e la morte ecco allora che si
ricongiungono. Lì su al centro di quel palcoscenico che alla fine appare quasi
dritto. Dove i due pesi, la vita da un lato e la morte dall’altro non fanno più
vacillare il piano ma misteriosamente ne permettono la stabilità, quel caos
calmo che l’umanità cerca per riposare dall’affanno.
Linda Tiralongo
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