domenica 12 ottobre 2014

Diario di un pazzo


Diario di un pazzo 

di Mario Moretti
con Marco Caldoro
regia di Flavio Bucci

Teatro dell’Orologio dal 3 al 19 ottobre



La mediocrità deborda in follia rendendo la follia stessa mediocre.
La pazzia è uno dei regni più interessanti e più battuti dalla letteratura e dal teatro. La mediocrità d’altronde non è tanto una qualità personale quanto un modo di stare al mondo che ha conquistato la contemporaneità, nella realtà e nella finzione. 

Precorrendo i tempi "Nikolaj Vasil’evič Gogol’ scriveva nel 1834 Diario di un pazzo. In questo breve racconto viene narrata l’esistenza di un misero impiegato, Aksentij Ivanovic Popriscin, la cui vita lavorativa consiste nel temperare matite per il proprio capo e la cui vita personale si sostanzia nel desiderio di far carriera e nell’altrettanto ardente desiderio di conquistare la donna dei suoi sogni, Sofia, proprio la figlia del capo". 
Dal 3 al 19 ottobre al Teatro dell’Orologio, nella Sala Gassman, Flavio Bucci propone l’adattamento di Mario Moretti di questo gioiellino della narrativa russa.

In scena vediamo Aksentij Ivanovic Popriscin, interpretato da Marco Caldoro, alternarsi tra la scrivania dove tempera le matite per il capo e scrive il suo diario personale e l’immaginario mondo esterno dove vive la gente reale e dove respirano i suoi sogni. A questo misero impiegatuccio non è consentito alcun rapporto umano, l’unico con chi parla, cui si rivolge è un altro che forse c’è nella realtà, forse c’è solo nella sua mente, un altro che il regista sceglie di mostrare attraverso uno specchio, una lastra che sempre si frappone tra il protagonista e il mondo. Gli unici con cui Aksentij Ivanovic Popriscin ha un dialogo diretto sono dei cani, delle cagnette e, in un attimo di poesia, la Luna, laddove non finiscono i cervelli degli uomini innamorati, ma i loro nasi, che misurano le loro ambizioni e il mondo che a loro sarà permesso vedere. 

La fonte narrativa cui si attinge e il tema che si vuole trattare – la mediocrità nella sua follia – sono di grande interesse e spingono lo spettatore ad avere grandi aspettative che, però, nonostante la grande energia di Caldoro – in scena da solo per più di un’ora – lo spettacolo non mantiene le sue promesse. 
Il folle che ci viene presentato mantiene sempre lo stesso livello di alterazione, la sua pazzia altro non è che puntare l’indice contro gli altri e dire “E’ colpa vostra se sono così, se non ho ciò che merito, se sono solo mentre voi siete insieme.” Se ciò che conta, nell’arte come nella vita, è il movimento – evoluzione o involuzione, costruzione o distruzione, nascita o morte – questo è assente nell’opera proposta all’Orologio. Degli apici e degli abissi, dei bianchi e dei neri di cui la parabola di un folle si compone, seppure un mediocre folle, lo spettacolo non riporta traccia.

Le cause della follia di Aksentij Ivanovic Popriscin sono l’ambizione frustrata e l’amore deluso: quali ragioni migliori per impazzire, eppure nella nostra società la vera follia non sta nel diventar pazzi di fronte al fallimento, ma nel non impazzire: la maggior parte degli uomini non raggiunge i propri sogni di carriera né conquista l’oggetto del proprio amore, ciò nonostante continua a condurre un’esistenza normale, mediocre sì, ma normale. Forse questo è un aspetto ancor più spaventoso grottesco e raccapricciante della mediocrità dei nostri giorni sul quale auore e regista avrebbero dovuto focalizzare il proprio lavoro.
Flaminia Chizzola



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