sabato 4 gennaio 2014

Anni 70. Arte a Roma


Anni 70. Arte a Roma
a cura di Daniela Lancioni
dal 17 dicembre 2013 al 2 marzo 2014
 Palazzo delle Esposizioni, Roma



La mostra al Palazzo delle Esposizioni curata da Daniela Lancioni si propone di dare una visione d'insieme alla dinamica scena artistica romana degli anni 70 presentando alcune delle principali ricerche condotte nella capitale in quel periodo. 

Vengono qui presentati alcuni degli aspetti culturali più significativi di un'epoca che inevitabilmente ha condizionato molte delle vicende artistiche successive. Un decennio artistico ancora poco conosciuto dal grande pubblico, ma caratterizzato da una singolare e costruttiva carica creativa a cui siamo ancora oggi debitori. 

Dopo la mostra "Addio anni 70" svoltasi l'anno scorso a Milano nelle sale di Palazzo Reale parallelamente alla mostra "The end" omaggio a Fabio Mauri, anche Roma ha deciso di celebrare oggi i protagonisti di questo eccezionale periodo nella mostra a Palazzo delle Esposizioni fino al 2 marzo 2014. 

La capitale negli anni 70 è una grande fucina creativa, luogo cardine in cui artisti italiani e stranieri residenti a Roma dialogano incessantemente investiti da una pluralità di linguaggi e da un continuo scambio di idee. E' qui che l'azione di note gallerie e personaggi si rivela determinante per la promozione dell'arte contemporanea: L’Attico di Fabio Sargentini, La Tartaruga di Plinio De Martiis, La Salita di Gian Tomaso Liverani, nonchè gli Incontri Internazionali d’Arte fondati nel 1970 da Graziella Lonardi Buontempo e diretti da Achille Bonito Oliva, Gian Enzo Sperone e altri; si rivela importante in quegli anni anche l'attività di istituzioni come la Galleria Nazionale d'arte moderna e contemporanea, e lo stesso Palazzo delle Esposizioni. Nascono a Roma spazi autogestiti dagli artisti come Gap, Jartrakor, La Stanza, S. Agata de’ Goti, Lavatoio Contumaciale, e da gruppi femministi come la Cooperativa del Beato Angelico. 

La capitale era al centro dell'osservazione storico-critica grazie alla presenza di alcuni dei maggiori critici d'arte del tempo come Giulio Carlo Argan (sindaco di Roma dal 1976 al 1979) Alberto Boatto, Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi, Bruno Corà, Enrico Crispolti, Mario Diacono, Filiberto Menna, Paolo Fossati Germano Celant e Tommaso Trini. Dagli anni 60 Roma insieme a Milano si confermava dunque centro artistico per eccellenza, frequentato da un grande numero di artisti romani e non, che vi risiedevano,
vi soggiornarono ripetutamente o semplicemente vi esposero. 

Le circa 200 opere esposte alla mostra del Palaexpò provengono soprattutto da collezioni private o da collezioni degli artisti stessi e rappresentano come una polifonia di voci la variegata arte del tempo. Si passa dall'Arte Povera agli artisti della cosiddetta Scuola Romana come Tano Festa, dall'Arte Concettuale di Giulio Paolini, alla Anarchitecture di Richard Nonas, dall'arte intesa come militanza politica (ad esempio per le donne Verita Monselles e Tomaso Binga -pseudonimo di Bianca Pucciarelli Menna-), alla Narrative Art giungendo infine alla Transavanguardia con la rivalutazione della pittura (Enzo Cucchi e altri). Il percorso della mostra inizia dalla rotonda centrale in cui troviamo uno scheletro umano adagiato a terra con un piccolo scheletro canino al guinzaglio: è l'opera di Gino di Dominicis dal titolo Il tempo, "Lo sbaglio, lo spazio". Intorno fotografie di Claudio Abate, Ugo Mulas, Massimo Piersanti e altri testimoniano quattro mostre importanti che si sono svolte a Roma nel corso di quel decennio. Il visitatore può proseguire il suo itinerario a destra o a sinistra incontrando le varie sezioni ben presentate da tabelloni esplicativi, suddivise secondo concetti letterari e pensieri di critici e artisti del tempo:

-La carne e l'immaginario;
-Il doppio;
-L'altro;
-Tutto;
-Fenomeno;
-Labirinto;
-Politica;
-Racconto;
-Linguaggio;
-Il disegno e la scultura;
-Sistema.

"La carne e l'immaginario" è un binomio di Boatto che invita a spostare il nostro punto di vista da dati terreni e tangibili a quelli fantastici e irreali, dalla realtà al mito, dal tempo misurabile a quello circolare. Nei suoi "Cretti" Alberto Burri lavora la terra e la trasforma in quadri, Giorgio De Chirico nella cosidetta fase neometafisica introduce nei suoi quadri elementi delle sue opere precedenti divenendo copista di sè stesso meditando sul concetto di mistero e fissità delle sue opere; Giulio Paolini medita sulla natura dell'arte e sul concetto di autocitazione in "Mimesis" (due calchi dell'Hermes di Prassitele affrontati) e in "Doublure" (sulla tela bianca viene disegnata l'immagine della tela in prospettiva).

La sezione dedicata a "Il doppio" sviluppa un altro concetto centrale di quegli anni: in "Dimostrazione" Giulio Paolini disegna su due lavagne l'immagine dell'una e dell'altra riflettendosi tra loro come fossero specchi. In "Las Meninas" Tano Festa riproduce il noto dipinto di Velazquez , facendo riferimento alle riflessioni di Michel Foucalut sull'importanza dello specchio nella composizione. Due piccoli cubi identici di Maurizio Mochetti simboleggiano metaforicamente il sistema di relazioni che costituisce il mondo: il loro allontanarsi determinerebbe la fine dell'esistenza. Per "L'altro" si intende una particolare tendenza di quegli anni, derivante dalla vicenda del dopoguerra: il comune sentimento di sentirsi in lotta contro un nemico comune. Gli studi antropologici che si diffondono in quel periodo introducono un nuovo modo di pensare all'altro e l'interesse per i culti primordiali e sciamanici. Una vera e propria cultura della differenza che rivendica le diversità individuali e le declinazioni personali. Sono qui esposte alcune opere di Richard Nonas, che lavorò per dieci anni come antropologo, e di Vettor Pisani che riflette sul mito dell'unione degli opposti e in particolare sull'androgino, unione della differenza primordiale tra maschile e femminile.

Nella sezione "Tutto" sono inserite opere con cui gli artisti cercano un nuovo modo di intendere il tutto, opere dal carattere universale. La parola "particolare" viene proiettata da Giovanni Anselmo in vari punti sottolineando l'appartenenza di questi allo spazio totale; con "Autoritratto" e "Ritratto di Dio" Vincenzo Agnetti raggiunge l'assoluto con le parole. Il pianoforte esposto al lato della sala è stato ricollocato nella stessa posizione della mostra del 1971 a "Vitalità del negativo 1960/70" (Palazzo delle Esposizioni) e fa parte dell'azione "Senza titolo" di Jannis Kounellis: un pianista diffonde di nuovo e senza interruzione il Coro di schiavi ebrei del Nabucco di Giuseppe Verdi.


"Fenomeno" è invece un titolo che fa riferimento alla metà degli anni 70 e alla diffusione della fenomenologia di Edmund Husserl, filosofo tedesco che enuncia l'esigenza dell'astensione dal giudizio e della partecipazione totale e individuale dell'uomo al mondo e alla vita. La sala presenta ulteriori diverse forme di espressioni di quegli anni. Una pluralità che viene mantenuta anche alla metà del decennio: troviamo la nota 'azione "pittorica" di cancellazione di artista di Cesare Tacchi, il cerchio di pietre di Richard Long (esponente della Land Art sorta in quegli anni) e Gilbert & George che costituiscono loro stessi delle opere viventi. 

In "Labirinto" si fa riferimento al titolo di un libro di Bonito Oliva e in parte al ritorno alle forme simboliche che avviene verso la seconda metà degli anni 70. In questo spazio sono concentrate opere della fine del decennio prevalentemente pittoriche di artisti come Giulio Turcato e Cucchi.

La sezione "Politica" sottolinea invece il noto impegno politico diffuso tra i giovani nel corso degli anni 70, in parte erede del precedente periodo delle contestazioni. La denuncia sulla condizione femminile è testimoniata dalle opere di Tomaso Binga, Verita Monselles e di Cloti Ricciardi, quest'ultima attiva nella Cooperativa del Beato Angelico, associazione nata per documentare il lavoro delle donne nel campo delle arti visive. In questa sala troviamo inoltre testimonianze sull'attività degli Uffici per la Immaginazione preventiva che coinvolsero diversi artisti nel corso del decennio e fotografie di Tano D'Amico sul disagio sociale o di natura antropologica (Mario Cresci).

"Racconto" è la sezione dedicata alla Narrative Art che a Roma fu promossa in quegli anni da Enzo Canaviello facendo conoscere in Italia artisti come Bill Beckely e Jean Le Gac. La fotografia e il testo raccontano qui storie di persone realmente esistite: come nel caso di Giosetta Fioroni che fotografa un Atlante di medicina legale della prima metà del secolo riflettendo sulla devianza e Urs Luthi che rivendica il diritto alla diversità.

Il "Linguaggio" in quanto espressione predefinita della cultura viene osteggiato da molti artisti degli anni 70 e ridefinito in opposizione alla società; troviamo qui esposte opere di Joseph Kosuth, Lawrence Weiner, Fabio Mauri, Sergio Lombardo. Francesco Matarrese dagli anni 70 ha intrapreso la radicale posizione artistica di non esporre e di non prestarsi al rituale delle mostre del sistema capitalistico lasciando scritto in una teca che chiunque voglia vedere la sua opera (di cui è presente solo una foto degli anni 70) può farlo inviando un email e prenotandosi.

"Il disegno e la scultura" è una sezione che presenta la nuova funzione del disegno e della scultura, tecniche artistiche che progressivamente si sono avvicinate alla realtà. Per il disegno troviamo opere di Cy Twombly, Alighiero Boetti e Sol Lewitt, per la nuova concezione di scultura Richard Tuttle la cui opera grafica coincide con il muro del museo, Giuseppe Penone e Luciano Fabro presente con uno dei suoi famosi "Piedi" che riconsidera il lavoro artigiano e manuale, non più solo l'ideazione concettuale dell'opera. 

"Sistema" è un'area che muterà nel corso della mostra: "i moduli cambieranno posizione a indicare che la società può essere migliorata" (Daniela Lancioni). In essa vediamo come gli artisti degli anni 70 spesso abbiano concepito le loro opere come sistemi a priori per opporsi al sistema quotidiano, manifestando ancora la loro libera ricerca artistica. Troviamo opere come i noti "forconi" di Giuseppe Capogrossi, le tele estroflesse di Enrico Castellani e le tele di Niele Toroni.

Nel complesso, malgrado la mostra presenti opere molto diverse per tecnica e sensibilità, l'allestimento è ben organizzato e le sale pur seguendo un ordine cronologico (prima e seconda metà del decennio), seguono in realtà delle parole chiave e intuizioni letterarie che danno il titolo alle varie sezioni. Questo è molto interessante perchè lo spettatore riesce a collegare l'essenza dell'opera con aspetti socio-culturali del tempo grazie a "suggerimenti" forniti lungo il percorso che lo accompagnano nel complesso linguaggio artistico di quegli anni eludendo però un'univoca possibilità di lettura, lasciando dunque la possibilità di interpretare. L'arte viene correttamente intesa come libertà espressiva e portatrice di un significato insondabile, come esperienza soggettiva. 

Le targhe delle opere seppur riportando accuratamente dettagli sui luoghi e le date delle esposizioni, non presentano tuttavia informazioni sui materiali che le costituiscono; questo elemento è invece molto importante di fronte alle variegate tecniche artistiche che il visitatore incontra. 

Molto interessante l'iniziativa parallela alla mostra promossa da Palazzo delle Esposizioni "Cine70, 10 anni di Cinema Italiano" che ripropone al pubblico una serie di film di interpreti geniali di quel decennio come Antonioni, Fellini e Pasolini. 

Lungo il percorso della mostra, varie teche presentano inoltre fotografie e pagine di cataloghi, brochure, depliant sulle mostre del tempo; questo materiale si rivela molto utile per ricostruire almeno virtualmente, nel proprio immaginario l'originaria collocazione delle opere più stravaganti e il contesto nel quale esse sono nate, nonchè lo svolgimento delle varie fasi delle performances attraverso video e registrazioni (alcuni di questi materiali si trovano in due microsezioni laterali sulla Memoria del video).

La vivacità culturale di quel periodo e il frenetico susseguirsi di eventi artistici viene ben descritta. L'arte era un'azione di dialogo, aperta a tutte le potenzialità comunicative, il cui impatto sul pubblico era dunque immediatamente percepibile perchè esso partecipava attivamente a mostre, performances e dibattiti. 

Gli anni 70 sono oggi riconosciuti come snodo cruciale di tutta l'arte contemporanea; proseguendo le ricerche avviate negli anni 60, artisti di una generazione di poco successiva, hanno sviluppato attitudini e temi artistici manifestando l'esigenza di un radicale rinnovamento artistico, sociale, politico. L'espressione artistica si fa sempre più espressione dell'uomo moderno superando estetiche prestabilite e diventando concettuale, sfuggente, emozionale proprio per opporsi a un sistema dominante.

Sono anni di ideali e di voglia di cambiare, anni di vicende controverse ed estremismi politici. L'arte come esperienza individuale e intima ma soprattutto come riflessione sulla realtà circostante sulla quale riversare come uno specchio la propria mancanza di certezze, sulle quali però non si rinuncerà a indagare.

L'interscambio fondamentale tra arti visive, fotografia, teatro, danza, scienze sociali e antropologiche, politica, mass media testimonia dunque che il filo conduttore dell'arte di quel periodo non è il contrasto o la crisi generazionale ma il dialogo, il confronto dialettico costruttivo tra una pluralità di intenti.

"Sono gli anni della condivisione, della libertà creativa, del dialogo e della comunicazione" (Daniela Lancioni). 

La dilagante pigrizia culturale dei nostri tempi, ha forse spento la voglia di esplorazione e di inedito di quegli anni. La mostra a Palazzo delle Esposizioni sugli anni 70 risveglia in noi quell'entusiasmo e quell'apertura mentale oggi troppo spesso limitati da stereotipi e pregiudizi culturali.
Sabrina Rossi

Anni '70. Arte a Roma Palazzo delle Esposizioni, 
Roma 17 dicembre 2013 – 2 marzo 2014 
A cura di Daniela Lancioni

1 commento:

  1. Recensione veramente perfetta potrebbe essere una ottima guida alla mostra bravissima.
    Bellissima mostra... viva quegli anni ... da cui dovremmo imparare sempre!

    RispondiElimina