martedì 18 novembre 2014

Uomo e galantuomo


Uomo e galantuomo
di Eduardo De Filippo

Teatro Quirino
Fino al 23 novembre
Con Gianfelice Imparato, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Antonia Truppo, Monica Assante di Tatisso, Giancarlo Cosentino, Gennaro De Biase, Fabrizio La Marca, Ida Brandi, Lida Zinno, Federica Aiello

Scene Aldo Buti
Costumi Valentina Fucci
regia di Alessandro D’Alatri



Due storie parallele di onore e dignità, l’espediente “teatro nel teatro” e il cielo azzurro di Bagnoli: questi i tre ingredienti principali della ricetta perfetta per una commedia degli equivoci. 
Così si presenta al grande pubblico del Teatro Quirino di Roma, uno dei capolavori più belli di Eduardo De Filippo: Uomo e Galantuomo. 

Così sceglie di fare il regista Alessandro D’Alatri. Raccontare la napoletaneità attraverso la teatralità dell’Uomo che ricorre alla pazzia per scongiurare verità non facili da accettare e che reinventa ruoli e personaggi per far riuscire bene la farsa. Il tutto a sgomitate tra contraddizioni comiche ed improvvisazioni goliardiche che divertono lo spettatore. Il pubblico ride delle disgrazie altrui, degli inconvenienti con cui la sorte colpisce sia l’uomo che il galantuomo, sia la necessità che il blasone. Ma sempre rappresentate con sobrietà e eleganza.

Si ride fino alle lacrime, ma il contagioso “Lallalaralì, Lallalaralà” di invenzione eduardiana è anche un input di riflessione morale.
L’umorismo pirandelliano a cui si accenna di frequente e la genuinità della rappresentazione drammatica partenopea sono gli argini in cui si dimena il fiume travolgente della narrazione di Uomo e galantuomo.

Al centro della storia c’è una compagnia di teatranti scalmanati e impreparati, guidati dal capocomico Gennaro, che recita bene sì, ma il dramma proletario di artisti alla ribalta senza talento e denari che tentano di vivere alla giornata. Le loro vicissitudini, le loro strade si intrecciano e viaggiano assieme a quelle della classe borghese di Bagnoli, interprete anch’essa ma di drammi diversi per forma forse, ma non per contenuto. 
Il tradimento, l’onore da salvare, la dignità e poi un’unica e condivisibile valvola di sfogo: la finzione della follia.

Quanto uomo e quanto galantuomo sia ravvisabile da ambo le parti non si sa! 
Poco importa dell’estrazione sociale per comprendere che il dramma così come il teatro di per sé sono universali e riguardano tutti. A volte la farsa può non riuscire e l’improvvisazione non risultare, ma se è teatro, quello vero, come diceva il grande Eduardo “nonostante i sacrifici, fa battere il cuore, anche quando si ferma”.
Linda Tiralongo



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