mercoledì 1 maggio 2013

Non tutto è risolto


Non tutto è risolto 
di Franca Valeri

Teatro Eliseo
Fino al 5 maggio

Regia di Giuseppe Marini
con Franca Valeri, Licia Maglietta, Urbano Barberini, Gabriella Franchini

Scene di Alessandro Chiti 
Costumi di Mariano Tufano


Una commedia pungente sulla vecchiaia e la capacità di dissimularla, un tema rispecchiato a pieno dall’interpretazione sul palco della ultranovantenne Franca Valeri. 

“Non tutto è risolto” nasce dalla penna della stessa Franca Valeri, ormai prossima alla fine della propria esperienza artistica, ma ancora capace di somministrare al pubblico una fresca e sottile ironia, degna dei suoi esordi teatrali.

 In scena fino al 5 maggio al Teatro Eliseo, la commedia mette in scena le contraddizioni della vecchiaia della bisbetica contessa Matilde, tornata, insieme alla segreteria che la accudisce da vent’anni, in una casa che l’anziana signora dice essere stata sua in passato. Lì, Matilde sceglierà come cameriera un’inquilina del palazzo e si ritroverà a fare i conti con un uomo, ritrovato proprio all’interno della casa, che dice di essere suo figlio. 

La pièce si regge tutta sul linguaggio affilato della presunta contessa che nega i ricordi della sua passata giovinezza, ma allo stesso tempo si cela dietro fantasie che nascondono una realtà scomoda: quella di una vita vissuta nell’egoismo, nell’assenza di affetti o nell’allontanamento consapevole di essi, nel desiderio di colmare un vuoto ma nell’impossibilità di riuscirvi. Nonostante la bravura dei co-protagonisti Licia Maglietta (la segretaria), Urbano Barberini (il figlio) e Gabriella Franchini (la cameriera), il pubblico non può far altro che pendere dalle labbra di una Franca Valeri visibilmente provata dall’età, ma capace di ritrovare se stessa nei momenti di maggiore astuzia e sagacia. 

È evidente però lo sforzo dell’attrice, che rende maggiormente a livello recitativo negli scambi di battute, quando le voci forti ed esperte di Licia Maglietta e Urbano Barberini sottolineano i passaggi salienti della commedia, senza affidarli solo ai monologhi di Matilde. La scenografia di Alessandro Chiti è costruita in modo tale da suggerire l’idea di un salotto borghese in decadenza, con la tappezzeria rosso scuro scrostata, ammuffita, con i fregi nel muro intatti, memoria di una nobiltà passata, e con una grossa stufa intarsiata, spenta, al centro della stanza e dei pensieri della contessa che, alla fine della propria vita, deve fare i conti non solo con le persone care che la circondano, ma anche con gli oggetti.

La dinamica tra i personaggi oscilla da una scena a un’altra, tanto che a volte la sequenzialità della storia perde di vigore (la scena in cui la vecchia è sola al buio e gli altri personaggi le parlano da dietro un telo è un ricordo? Un pensiero? Un sogno?), ma ciò che emerge con chiarezza è la furbizia dell’anziana signora che, se da un lato rimpiange alcuni aspetti della propria vita, sembra redimersi per tenersi strette le persone care e sprofondare nella malinconia, dall’altro lascia prevalere la sua capacità di alterare la realtà a suo piacimento, per negare una vecchiaia incipiente e i doveri affettivi verso il prossimo. 

Una donna piena di sorprese, che non considera mai conclusa la partita, come indica il titolo della commedia: la sua esistenza, i suoi rapporti possono essere riaperti in qualsiasi momento, come se il tempo non la incalzasse.
Irene Armaro

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