8.20 maggio
Fondazione
del Teatro Stabile di Torino
Teatro
Regionale Alessandrino
RUSTEGHI
I nemici della civiltà
da I
Rusteghi di Carlo Goldoni
traduzione e adattamento Gabriele Vacis e Antonia Spaliviero
con (in ordine alfabetico) Eugenio Allegri Mirko Artuso Natalino
Balasso Jurij Ferrini
e con (in ordine alfabetico) Nicola Bremer Christian Burruano Alessandro
Marini
Daniele
Marmi
composizione scene, costumi, luci e
scenofonia Roberto Tarasco
regia Gabriele
Vacis
I Rusteghi
appartiene alla maturità compositiva di Carlo Goldoni, che coincide anche con
gli ultimi malinconici anni della permanenza a Venezia. Ai fasti del pubblico,
che accompagnano la felice stagione del 1750 delle sedici commedie riformate,
seguono le commediole antagoniste dell’abate Chiari che sottraggono pubblico al
commediografo ma soprattutto la polemica restaurazione proposta da Carlo Gozzi,
a favore di un ritorno alla Commedia dell’Arte.
Due anni separano Goldoni dal viaggio a Parigi,
alla Comédie Italienne, e sempre più nelle sue storie si coglie il disinganno
per una realtà storica profondamente diversa da quella raccontata agli esordi:
Venezia ha perso il ruolo di potenza dell’Adriatico, agita da una classe
aristocratica incapace di gestire un indispensabile cambiamento di rotta e da
una borghesia commerciale che stenta a imporsi come classe dirigente.
I Rusteghi si inserisce
dunque a pieno titolo su questo sfondo, con un tratto di audacia finora mai
emerso. Il mercante Pantalone, l’avveduto borghese che in molte commedie
incarna l’ideale di un soggetto sociale avveduto e responsabile, si trasforma
in un’ amara caricatura di se stesso. Autentico tiranno, si impone con
protervia su famiglia e domestici. In un prezioso gioco di specchi, Goldoni
amplifica le valenze del personaggio sdoppiandolo in altrettanti alter-ego, gli
altri “rusteghi” dell’opera: Canciano, Leonardo, Simon e Maurizio. La loro
capitolazione a un nuovo codice comportamentale ha il sapore di un happy end
forzoso, estraneo per primo a loro stessi. Cupa e vagamente claustrofobica
questa commedia parla ancora al nostro tempo, all’intolleranza travestita da
moralismo, alla difficoltà di mettersi in relazione, alla mancanza di
comunicazione di un’epoca che proprio della comunicazione fa il proprio
vessillo.
Il disinganno di
Goldoni è ancora vivo nelle parole dei protagonisti e descrive una società buia
e alla deriva, sopita, ma ancora presente, nella nostra pratica quotidiana.
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