Serrata la regia di Giorgia Lepore, essenziale la scenografia. Efficace il testo, scritto da Angelo Longoni. Tagliente e a tratti cinematografica la scelta di praticare delle cesure, segnate dal buio, in questa piece della durata di un’ora soltanto. Come fosse un dramma in cinque atti, una tragedia del presente, di un’umanità al limite, costantemente in bilico tra sogni e realtà. Alla ricerca di una redenzione che non arriva mai e la cui ricerca porta inevitabilmente all’autodistruzione, all’insoddisfazione di sé, al rimpianto.
Coinvolgente l’interpretazione dei due attori, uguali e diversi come i loro personaggi. Forte e apparentemente sfrontato il personaggio di Gabriele; ambiguamente irrisolto: fa sesso con gli uomini solo perché lo pagano. Freddo e disincantato il personaggio di Eleonora. Bellissima e richiestissima, le basta lavorare solo pochi giorni a settimana, ottenendo in cambio un guadagno incredibile che le permette di stare a casa, da sola, moltissimo tempo a vedere film. Traumatizzata dalla perdita del padre, vive un rapporto complesso con l’altro sesso.
Ella stessa dichiara di non provare mai nessuna emozione. Perché se un uomo non lo senti vicino prima del sesso, non puoi sentirlo nemmeno fisicamente.
Inutile quindi la proposta di costruirsi un futuro insieme. Soltanto panico e paura per il timore di essere inseguiti, e per la macchina che da troppe ore li aspetta sotto la loro finestra.
Un finale mozzafiato, inaspettato, lascia una profonda sensazione agrodolce, stimolando la volontà di riflessione sul senso dell’esistenza e la capacità di affrontare serenamente il nostro futuro.
MLN
Nessun commento:
Posta un commento