mercoledì 24 aprile 2013

God is Her Deejay


Fino al 9 Giugno 2013

God is Her Deejay

Sas Christian & Colin Christian (Stati Uniti) / Afarin Sarajedi (Iran) / Francesca Romana di Nunzio (Italia)
Dorothy Circus Gallery, Roma


Tra terra e cielo, Pop Surrealism e mitologia, le donne si fanno Dio alla Dorothy Circus Gallery

Fin dalla notte dei tempi, dal peccato originale alla contemporaneità, essere donne non è mai stato facile. Poliedriche, complicate, contorte, confuse; ma anche tanto pazienti, forse troppo concilianti e compiacenti. Sempre in lotta contro il mondo, per esprimere la loro vera natura.

La mostra collettiva “God is her Deejay”, presso la Dorothy Circus Gallery, a Campo dè Fiori, offre al suo pubblico le molteplici facce della stessa medaglia: le donne, da sempre le muse (e anche la dannazione) degli artisti di tutti i tempi. 

Dall’Iran agli Stati Uniti, passando per l’Italia, il Dio moderno sceglie come messaggeri artisti con immaginari molto diversi tra loro nel background, nella tecnica e nello stile, che si fanno interpreti di un messaggio e di una visione comune e superiore.

“Le nostre esposizioni mantengono la volontà di uno stile comune, esibendo artisti con una personalità molto forte e precisa” dichiara il curatore Alexandra Mazzanti “God is her Deejay richiama una femminilità che, attraverso la magia della bellezza, porta con sé dei messaggi superiori di pace, armonia ed equilibrio. Sas e Colin espongono l’aspetto forse più denso di questa interpretazione divina, icone di una contemporaneità che aspira a una perfezione in maniera maniacale.”

Colin Christian (Londra, 1964) fa scendere dal cielo sfingi truccate da Barbie, tridimensionali, elettroniche, perfette e bellissime, aliene iridiscenti che ammaliano e conquistano chi le guarda.

Sas Christian (Londra, 1968) unisce l’innocenza ad uno sguardo che buca il cuore, ritraendo bambine irresistibili, ma sofferenti nella conquista della compiutezza estetica. Un tema molto, molto attuale, quello della continua ricerca di un’ideale di bellezza assoluto e artificioso, tra dieta e chirurgia plastica.

Le sculture di Francesca di Nunzio (Roma, 1962) raccontano quello che è il sacrificio del pesce e della carne in maniera tenera, soffice ma incisiva, come solo le donne riescono a fare. Romana, scultrice figurativa, lavora dal 1984 per il cinema e la televisione. Per citare qualche nome: Dario Argento, Rambaldi, Francis Ford Coppola; trasmissioni RAI, fiction e quant’altro. Caschetto sbarazzino, grandi occhi castani, intrigante al punto da chiedersi se, da un momento all’altro, non si trasformi anche lei in una dea primitiva sotto i nostri occhi.

Come approda al Pop Surrealism?
“L’opportunità di seguire questa corrente mi è stata data da Alexandra Mazzanti e tutto il patrimonio lavorativo che finora mi ha visto operativa, trova nella Dorothy Circus Gallery il suo significato. Più leggero, più polidromo, meno drammatico, ma sicuramente surreale. Nel mondo surreale mi trovo benissimo da sempre, sia come soggetti sia come realizzazione, assieme alla gioia di presentarmi ad un mondo nuovo rispetto al quale mi sono confrontata finora. Per quanto il cinema rimarrà sempre la mia passione originaria, nel Pop Surrealism posso coniugare due aspetti a me molto cari: l’antropomorfo e il surreale.”

Per God is her Deejay, Francesca Di Nunzio ha selezionato delle sculture legate alla madre terra e alle sue creature, delle divinità magiche e ricche di fascino. “Narciso sottolinea la mia tendenza alla mitologica surreale; in più, c’è un tocco di magia e di fascino che vira quasi essenzialmente verso il femminile. Credo che il mio Narciso sia l’unico soggetto maschile della manifestazione, ma non è questa la cosa importante: amo le figure androgine e ho sempre lavorato a metà tra l’una e l’altra definizione. In questo settore mi trovo perfettamente collocata perché mi permette di essere me stessa, di giocare al confine tra l’uomo e la donna, tra l’animale e il mitologico.”

“God is her Deejay”: quando realizza le sue opere, utilizza la musica come fonte d’ispirazione? “Durante la scelta dei pezzi da portare a questa mostra, mi divertiva associarvi un pezzo musicale. Ad esempio, “Manemone” è un anemone, però fatto di mani; mentre ci lavoravo mi girava per la testa una canzone, ma-ma-manemone (canticchia e ride). Chissà che non si possa realizzare in futuro dei lavori realmente associati alla musica.”


Afarin Sajedi (Shiraz, 1979), si fa portavoce di una donna d’altri tempi nella serie “Chef offer”, una Lady Macbeth incoronata da utensili da cucina che si offre, appunto, ai commensali. Le sue donne si presentano nude e crude nella loro essenza e Afarin coniuga sapientamente e in maniera inedita un alto realismo del tratto alla realizzazione di volti femminili che insieme svelano e nascondono. 

Le donne di Afarin rappresentano l’emblema della pazienza infinita, e l’artista chiede alle tutte le donne di guardare avanti verso orizzonti a noi sconosciuti.
Per niente intimorita dal caos dell’opening party, Afarin veste abiti tipici della sua terra e sorseggia il suo drink guardandoti dritto negli occhi, con una dolcezza disarmante, come gli angeli delle sue opere.

“Se sei un’artista iraniana donna e ritrai delle donne, diventi subito una femminista, ed io non lo sono” ci dice, un po’ stufa di quest’etichetta “I miei soggetti parlano per gli esseri umani nella loro totalità. Le mie opere non si limitano solo a parlare della costrizione delle donne in Iran, anche se certamente è un tema a me molto vicino (la pratica di visto per l’Italia era stata improvvisamente fermata, dato che si trattava di una visita a un evento d’arte che nel Paese da cui proviene non è ben visto, ndr). Il tema di queste opere non richiama necessariamente la condizione della donna in Iran, anzi: mi sono ispirata a Lady Macbeth per rappresentare il concetto del pasto e del nutrimento.”

Cosa pensa degli altri artisti presenti alla mostra? “Li adoro! Ho avuto già l’occasione di lavorare con Francesca di Nunzio lo scorso Ottobre, è molto creativa e capace e i suoi lavori hanno un impatto emotivo molto forte. Sto cominciando a farmi conoscere in Europa e questo mi piace, amo il confronto con artisti di diversi Peasi, e spero che continui così in futuro.” 

Ancora una volta, la Dorothy Circus Gallery ci regala un’esposizione unica nel suo genere che conquista pubblico, collezionisti e gli stessi artisti in uno scambio osmotico tipico di quest’affascinante corrente.

Martina Colelli

mostra visitata il 20 Aprile 2013
Dorothy Circus Gallery
foto © Courtesy Dorothy Circus Gallery- pictures by Marco Palmieri

Via dei Pettinari, 76 00186 Roma
Open Tuesday, Wednesday, Thursday: 3:30 pm - 7:30 pm 
Friday, Saturday, Sunday 11:30 am - 7:30 pm 
Info: +39 06 68805928 - +39 338 9499432

http://www.dorothycircusgallery.com/

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