Dal
4 al 13 maggio 2012
LEO
GULLOTTA
in
LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR
di
William
Shakespeare
traduzione
e adattamento di Fabio Grossi e Simonetta Traversetti
con Alessandro Baldinotti, Paolo Lorimer, Mirella
Mazzeranghi, Fabio Pasquini
e con Rita Abela, Fabrizio Amicucci, Valentina Gristina
e
Cristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano, Gennaro Iaccarino, Francesco
Maccarinelli, Federico Mancini, Giampiero Mannoni,
Sante
Paolacci, Vincenzo Versari
regia Fabio Grossi
scene
e costumi Luigi Perego
musiche Germano Mazzocchetti
movimenti
coreografici Monica Codena
luci Valerio Tiberi
regista assistente
Mimmo Verdesca
Reduce da uno straordinario
successo di critica e pubblico in una tournée che ha toccato i più importanti
teatri italiani, Leo Gullotta torna al Teatro Eliseo di Roma dal 4 al 13 maggio
e interpreta Falstaff ne Le Allegre Comari di Windsor di William Shakespeare per la regia di Fabio Grossi.
Fu per volontà della regina
Elisabetta I che il Bardo riesumò Sir John Falstaff, fatto morire nella sua precedente opera,
l’Enrico V: nacque così LE ALLEGRE
COMARI di WINDSOR.
Ad accreditare questo aneddoto fu
infatti John Dennis, che lo riferì nel 1702.
La smania della regina, come
precisò pochi anni dopo un altro attento cronista shakespeariano, Nicholas
Rowe, derivava da un suo divertito “invaghimento” per la poderosa figura comica
di Falstaff; invaghimento che le
istillò il desiderio di vederlo in un altro
dramma, e per di più innamorato. Sicché, per non venir meno al dictat dell’imperiosa Elisabetta,
Shakespeare avrebbe, non già “resuscitato” Falstaff, che è moderno espediente
da soap-opera, ma escogitato l’ intreccio narrativo delle Allegre comari collocandone
la vicenda in un tempo immediatamente precedente alla morte del cavaliere,
raccontata da Mistress Quickly, altro personaggio riproposto, nell’ Enrico V .
Anche questa Nostra edizione,
benché passati parecchi secoli, nasce sotto l’occhio vigile e severo della
GRANDE Regina: intrighi, scherzi e maramaldate, sfileranno così secondo il
divertito gusto shakespeariano .
Protagonista della vicenda è Sir
John, con le sue esuberanti smargiassate da guascone, la sua sovrabbondante
figura, la sua pletorica simpatia cialtrona, il suo amore per la crapula e il
bicchiere e la sua irresistibile, endemica disonestà viziosa e bonaria. Con gli
occhi di oggi, lo considereremmo un diverso, sia per verbo che per figura, un avverso al presupposto bigotto di una società
borghese.
Ma la tessitura della commedia
stessa, va oltre l’apparenza e, per andar al di là del detto che “l’apparenza
inganna”, proprio d’inganni e scherzi, per lo più perfidi, questa è
avviluppata.
Vi si racconta di una società,
che vive sotto l’occhio della Corte, dove il dileggio l’uno dell’altro dei
componenti della comunità, fa da quotidiano passatempo: la protervia della
condizione di nascita e dello svolgersi dei fatti della vita d’ognuno la farà
da presupposto dominante.
Tanto pronti ad impugnar le
spade, a difesa di supposti e ridicoli onori, quanto a deporle per sostituirli
con boccali di vin di Spagna, al fin inconscio di proporsi come innocue prede
di chi del borseggio fa scopo di vita.
Un ventaglio di più svariata
umanità la farà da protagonista della vicenda: il bonario benestante, il
meschino geloso, lo scaltro pedante, il servo scimunito, il pavido baciapile,
l’ampolloso bottegaio, l’antipatico saccente. Ma su tutti trionferanno le
donne, le qua raccontate Comari, che con furbizia e lungimirante intelligenza,
collocheranno in maniera indolore per la comunità, la parola fine alla vicenda.
Quindi, amori e amanti , guasconi
maldestri e burocrati vacui, mariti gelosi e golosi mercanti, mercenari
allettanti ed infingardi, ci racconteranno la storia che , come nelle migliori
tradizioni teatrali, verrà in alcuni parti rafforzata dalla partitura musicale,
sottolineando di volta in volta momenti o comici, o grotteschi, o romantici.
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