«Mi hai detto: ti
amo.
Ti
dissi: aspetta.
Stavo
per dirti: eccomi.
Tu
mi hai detto: vattene.»
Queste parole aprono il film di
François Truffaut Jules et Jim e
sembrano racchiudere lo spirito leggero, intangibile, quasi irreale che anima e
caratterizza questa pellicola.
Nel 1907, nel quartiere parigino
di Montparnasse, Jules e Jim, un austriaco e un francese appassionati di arte e
di letteratura, si legano in un’amicizia per certi aspetti spirituale, trascorrendo il loro tempo nella
lettura di poesie, discutendo di arte e,
talvolta, alla ricerca di ragazze. S’inserisce nella loro felice vicenda
Catherine, la donna “naturale, quindi abominevole”, seguendo la definizione di
Baudelaire. Subito Jules se ne innamora
ed è intenzionato a sposarla, mentre Jim prova per lei una celata attrazione.
Divisi dalla prima guerra mondiale, i due amici che combattono su diversi
fronti, riescono comunque ad incontrarsi alla fine del conflitto. Jim va a
trovare Jules, che nel frattempo ha sposato Catherine, ma il loro matrimonio
logoro e incrinato e i tradimenti della moglie lo hanno cambiato,
allontanandolo dall’arte e dalla poesia. Tra Catherine e Jim nasce una relazione che porterà la donna a
chiedere al marito di non ostacolare il loro rapporto, fino ad accettare che
Jim vada a vivere da loro. Jules, profondamente innamorato, accetta tutte le sue richieste fino
all’epilogo tragico.
La pellicola di Truffaut va letta in un’ottica che prescinde gli schemi prettamente cinematografici e investe quelli di altre forme artistiche e di pensiero, in particolar modo della letteratura, la più vicina all’esplicazione dei sentimenti e dell’intelletto. Jules e Jim sono due nature docili e poco ribelli, ed è Catherine il vero centro della narrazione. Questa donna, costantemente insoddisfatta, vive in maniera libera e spontanea e ama con istinto e infantilità. E’ sublime e fatale, in grado di sconvolgere l’esistenza dei due amici e di trasportarli al di fuori della realtà attraverso il suo fascino e la sua natura distante da tutto.
La pellicola di Truffaut va letta in un’ottica che prescinde gli schemi prettamente cinematografici e investe quelli di altre forme artistiche e di pensiero, in particolar modo della letteratura, la più vicina all’esplicazione dei sentimenti e dell’intelletto. Jules e Jim sono due nature docili e poco ribelli, ed è Catherine il vero centro della narrazione. Questa donna, costantemente insoddisfatta, vive in maniera libera e spontanea e ama con istinto e infantilità. E’ sublime e fatale, in grado di sconvolgere l’esistenza dei due amici e di trasportarli al di fuori della realtà attraverso il suo fascino e la sua natura distante da tutto.
Questo film è una magica alchimia e rende una
sorta di astrazione, all’interno della quale viene esplorato il mondo dei
sentimenti, nel loro naturale
svolgimento e negli effetti che determinano sugli altri, e all’epoca della sua
uscita, nel 1962, fu un discorso nuovo intorno alla donna e una riflessione
sull’“impossibilità di altre combinazioni amorose all’infuori della
coppia”. L’ispirazione di Truffaut è
quasi totalmente letteraria: questo
film, tratto dall’omonimo romanzo di Henri-Pierre Roché, sceneggiato dallo
stesso regista, mostra un forte richiamo alle Affinità Elettive di Goethe. Come Edoardo e Ottilia, protagonisti del
romanzo di Goethe, anche Jim e Catherine concludono la loro storia nella
tragedia, che segna il fallimento del loro amore fanciullesco, che sfocia nel
dolore e li congiunge nella morte.
Particolarmente innovativa la
fotografia, curata da Raoul Coutard, che contribuisce alla sperimentazione di
nuove tecniche visive. Gradevole la colonna sonora, nella quale è inclusa una
canzone eseguita dalla stessa Catherine, interpretata dalla splendida
Jeanne Moreau. All’epoca della sua uscita il film suscitò
parecchio scalpore, in particolar modo intorno alla figura di Catherine, e in
Italia scampò il pericolo della censura per l’intervento di Roberto Rossellini
e Dino de Laurentis. Questo film è in grado di vincere il confronto con il
tempo per la straordinaria finezza registica di François Truffaut, capace di
una grande sensibilità per il dolore dell’esistenza.
gianmarco sperti
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